La Lega Nord diventa Lega, ma resta per il Nord

La Lega Nord diventa Lega, ma resta per il Nord

L’evoluzione della Lega salviniana

Le elezioni del 4 marzo scorso hanno segnato una rivoluzione politica nel cuore dell’Europa. Molti, tra analisti storici che sembrano aver perso la bussola e politologi improvvisati dell’ultima ora, parlano di deriva degli incompetenti, che nulla ha a che fare con la nobile politica. Tuttavia, questa transizione, che ha avuto inizio dalle passate consultazioni italiane, è evidentemente politica. Il Movimento 5 Stelle è nato per riportare la politica nel suo alveo: la democrazia diretta, con l’adagio dell’“uno vale uno”. È stato un movimento che si è alimentato della voglia di partecipare di innumerevoli cittadini interessati a tematiche insabbiate negli ultimi settant’anni. Dall’ambiente alla giustizia, alla politica come servizio indirizzato al prossimo. L’evoluzione della Lega Nord si inserisce invece in un più largo progetto di rinnovamento che si serve, come in nessun altro partito, degli strumenti offerti dalla nuova tecnologia social. Il vero campo di battaglia di Salvini è il social network, sia esso Instagram, Facebook o Twitter.

Per dominarlo, come effettivamente fa, Salvini si serve di un think tank denominato “La Bestia” che è stato inserito anche nel sistema di comunicazione del Viminale. Come riporta Il Fatto Quotidiano, il team che compone questa macchina social comprende il guru Luca Morisi, Andrea Paganella, Daniele Bertana, Andrea Zanelli, Fabio Visconti, Iva Garibaldi e Leonardo Foa (figlio del più famoso Marcello Foa, presidente della Rai). Morisi è stato designato come consigliere strategico, con un compenso di 65mila euro annui, mentre Paganella, con quasi 86mila euro l’anno, è stato chiamato a presiedere la segreteria particolare. Bertana, subito dopo il diploma scientifico ottenuto nel 2015 e un piccolo periodo nell’azienda di famiglia, si è accomodato nelle fila della Lega. Come lui Zanelli che, dopo il diploma al liceo scientifico, ha iniziato il corso triennale in economia, mentre entrava a far parte della segreteria di Salvini da Bruxelles al Ministero dell’Interno. Più repentino Visconti che, dopo il diploma da perito informatico, si è subito occupato dei social del “Capitano”. Foa ha invece sancito il suo ingresso nella “Bestia” proprio mentre il padre veniva designato al più alto scranno della televisione pubblica . Garibaldi siede all’apice della piramide: è lei che ha seguito Salvini dal 3% al 33% dei consensi. Tuttavia, “la Bestia” è ancora coperta da una coltre di mistero. Gli esperti ipotizzano che si tratti di un sistema di listening tool che offre informazioni su topic negativi o positivi utilizzati per indirizzare il messaggio social.

Il prossimo maggio, l’Unione Europea si dovrà confrontare con delle elezioni molto complicate: è pleonastico che i vecchi partiti europei soccomberanno in favore dei cosiddetti sovranisti, la cui punta di diamante è rappresentata dalla Lega salviniana. Perciò, per un nostro “vizio della memoria” (per dirla con Gherardo Colombo ), urge ripercorrere la trasformazione di questo partito che è passato dal 4% dei consensi nelle elezioni del 2013, al 17% del 4 marzo, al 32% odierno.


La Lega Nord è nata nel 1989 ed è oggi il più longevo partito in Parlamento. Il suo fondatore Umberto Bossi, che ha confidato a Massimo Fini di essere “più di sinistra”, si posizionava allora al centro dello scacchiere partitico italiano, tanto che ai primi raduni di Pontida aveva affermato di voler essere la “continuazione della lotta partigiana”. Infatti, secondo Biagio de Giovanni , Bossi fu abile a dare coscienza unitaria a forze disperse e malcontente, d’improvviso riflesse e rappresentate in quel grido di protesta, in quella sollevazione primitiva che segnò la grande discontinuità con la sostanza storica delle analisi fondamentali della Prima repubblica.

Il fenomeno leghista ha avuto una storia sostenuta dalla solida dottrina giuridico-costituzionale elaborata da Gianfranco Miglio : Miglio aveva infatti teorizzato una revisione della costituzione in chiave federalista come unica soluzione ai problemi della società italiana. Il “Carroccio”, allora Lega Nord Italia Federale,” proponeva un’unione federativa della macro-regione Padania, per poi passare a una politica dichiaratamente secessionista. Ciò va inserito, per dirla con Enzo Santarelli , nell’ottica secondo la quale il Mezzogiorno resta la vera cartina di tornasole con cui misurare le diverse interpretazioni della storia nazionale. Nel 2001 si decise di deporre l’ascia della secessione, in prospettiva di una devoluzione, ovvero del trasferimento di una parte significativa delle competenze legislative e amministrative dallo Stato centrale alle regioni. Questo progetto, che vide  la riforma del Titolo V della nostra Costituzione, si arenò nella complessa riforma bocciata dal referendum del 2006. Allora l’obiettivo mutò nel federalismo fiscale. Dunque Roberto Calderoli elaborò una riforma che prevedeva l’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa agli enti decentrati; nove decreti legislativi che si sgretolarono sotto le macerie del governo Berlusconi nel 2011.

La Lega ha sempre mantenuto il suo forte carattere di ostilità nei confronti dell’euro, in favore di un’identità settentrionale piuttosto che italiana, ma dal 2013 il partito indipendentista del nord ha iniziato il suo processo di rinnovamento controllato che lo ha spinto all’estrema destra. Dopo gli scandali che hanno aperto le porte alla segreteria di transizione di Roberto Maroni (con il quale la Lega è scesa al 4%), nel 2013, per mancanza di sfidanti interni, è diventato segretario l’ex comunista padano Matteo Salvini. Salvini mantiene argutamente come risorsa di radicamento territoriale la struttura del partito rappresentata da Giorgetti (oggi Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), Calderoli (fautore della legge elettorale “Porcellum”) e Borghezio (quello che voleva vendere la Sardegna per ripagare il debito pubblico). Con Salvini si è passati dall’indipendenza della Padania, con annesse ingiurie nei confronti dei “terroni”, al sovranismo, attraverso la trasformazione del nome del partito da Lega Nord (ancora presente dall’Abruzzo in su) a Lega per Salvini Premier (utilizzato al Sud). Questo puntando comunque al provvedimento sulle Autonomie di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, dopo i referendum del 22 ottobre.

Sono in molti a chiedersi se il cambio di nome sia un escamotage dell’ultimo minuto per salvare le casse del “Carroccio” dal recupero dei 49 milioni che la procura di Genova ha previsto per i prossimi ottant’anni sotto forma di piccole rate. La Lega Nord non può comunque ancora dirsi un partito nazionale, ma solo un partito nazionalista che cerca di fare della lotta all’immigrazione clandestina l’instrumentum diaboli per acquisire consensi con il mantra “Prima gli italiani”. Goran  ha affermato che la “paura degli immigrati è anti storica”, soprattutto nel 2019, dato che l’economia globale si nutre necessariamente dello spostamento delle merci e delle persone. Ciononostante la fucina interminabile dei voti che deriva da questa ossessione securitaria ha portato il segretario e neo Ministro degli Interni Salvini a varare il “Decreto Sicurezza” convertito in legge lo scorso dicembre e che, invece di rimpatriare gli irregolari, crea nuovi clandestini. Come? Come spiega la giornalista Elisabetta Ambrosi, la legge prevede la cancellazione dei permessi di soggiorno umanitari che rendevano possibile accedere alla protezione sociale e di edilizia popolare. Non solo, è stata prevista la riduzione del sistema Sprar (acronimo di Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) che era al centro del sistema di integrazione del migrante attraverso corsi di lingua italiana e di avviamento al lavoro, ora previsti solo per i titolari della protezione umanitaria e i minori non accompagnati. Mentre si duplicano i tempi per l’istruttoria della domanda di concessione della cittadinanza che passa da 2 a 4 anni. 

Un recente dato ha rivelato come gli episodi di razzismo siano triplicati in Italia. Uno dei motivi è forse l’inasprimento della retorica politica su temi sensibili quali l’integrazione e le migrazioni, come testimonia l’affermazione utilizzata dal leader del “Carroccio” durante la campagna elettorale a Recco nel 2017: “anche in Italia dobbiamo fare pulizia, strada per strada, piazza per piazza”. Nel computo delle dichiarazioni allarmanti di Salvini rientra anche la proposta di riservare alcuni posti in metropolitana per evitare che le donne siano assoggettate alle volgarità degli extracomunitari. Insomma, il tema dell’immigrazione è lungi dallo sparire dal panorama della politica italiana.

Se per De Gasperi “la politica è realizzazione” , per Salvini è “politica del buonsenso”  che si ottiene tramite l’utilizzo smoderato degli slogan che uniscono vuoto di contenuto a fermezza imperativa. Così Salvini è riuscito a presentarsi agli italiani per quello che non è: nuovo e antisistema. Matteo Salvini ha vissuto sempre di politica: consigliere comunale dal 1993 al 2012 e tre volte europarlamentare con altissimi livelli di assenteismo (18% di presenze nella Commissione sul Commercio Internazionale di cui faceva parte). Per il resto, di questi trent’anni in politica non si ricordano grandi provvedimenti o battaglie ideologiche che si leghino al suo nome. 

Per quanto riguarda i rapporti con l’Europa, quali sono le proposte della Lega? Il “Carroccio” asseriva di voler rimanere nel contesto degli stati membri solo a condizione di ridiscutere tutti i Trattati, ma il tentativo non ha riscosso alcun successo. Anche se nelle dichiarazioni la linea rimane invariata, nei fatti i leghisti hanno accantonato le battaglie cosiddette sovraniste. Quindi la guerra “all’Europa dei burocrati e degli speculatori” si è trasformata, attraverso la real politik, in compromesso. Entriamo più nel dettaglio. Proprio la Lega di Salvini proponeva, prima del marzo 2018, un piano di azione sull’Ue di sette punti: “ritornare allo stato pre-Maastricht”, “costituzione come garanzia di sovranità”, “invertire il modello basato sulla compressione dei salari”, “revisione dei trattati europei”, “un sistema di regole a misura delle nostre imprese”, “più democrazia e coinvolgimento dei territori”, “meno denari, meno sprechi, più sussidiarietà, più autonomia”.

L’obiettivo era porre un aut aut ai partner europei: permanenza dell’Italia con revisione trattati che prevedevano il tetto del 60% sul rapporto debito-Pil e del 3% sul rapporto deficit-Pil. Nulla di tutto ciò è stato raggiunto, anche perché la revisione sostanziale dei trattati richiede una procedura molto complicata e l’unanimità di tutti gli stati membri. Molto interessante è il punto dell’abrogazione di Schengen e del regolamento di Dublino: anche qui nulla si è mosso, anzi l’Italia ha fortemente contribuito ad affossarne la riforma. Ultimo insuccesso sul fronte europeo, quello della riduzione della dotazione finanziaria del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale che è, al contrario, aumentata. Ironico poi il matrimonio della Lega con il partito di Le Pen in Francia e con quello di Orban in Ungheria, dato che i due sovranisti ed euroscettici non hanno mai voluto parlare del ricollocamento dei migranti o di una revisione del regolamento di Dublino.

Salvini dovrà inoltre chiarire i suoi rapporti con la Russia di Putin, dopo l’ultima inchiesta di L’Espresso, che ha scoperchiato un accordo da tre milioni di euro per la campagna elettorale del “Carroccio” alle prossime europee promessi da affaristi vicini al presidente russo. Rimane comunque “l’accordo sulla cooperazione e la collaborazione tra il partito politico nazionale russo Russia Unita e la Lega Nord” che mira a scambiarsi “informazioni su temi di attualità della situazione nella Federazione Russa e nella Repubblica Italiana, sulle relazioni bilaterali ed internazionali, sullo scambio di esperienze nella sfera della struttura del partito, del lavoro organizzato, delle politiche per i giovani, dello sviluppo economico, così come in altri campi di interesse reciproco” fra cui la promozione della “cooperazione nei settori dell’economia, del commercio e degli investimenti tra i due Paesi”. [1]


Quali saranno le prospettive per il futuro? Con la nuova segreteria di Salvini, la Lega ha perso un leader carismatico come Bossi, ma ha ottenuto un nuovo assetto più verticistico che permette di risolvere in sordina eventuali attriti intestini. Dalle ultime elezioni regionali, in cui Salvini si presenta sempre con Berlusconi e Meloni, si vocifera di un futuro fuori dal centrodestra, ma questa strategia potrebbe rivelarsi controproducente. La Lega potrebbe presentarsi alle prossime elezioni in solitaria, ma non ricevere la maggioranza assoluta dei consensi necessaria per poter governare da sola. Ciò decreterebbe anche la fine della politica dei due fronti che fino ad adesso ha permesso a Salvini di sferrare attacchi pesanti agli alleati di governo grillini e di smarcarsi dalle dichiarazioni imbarazzanti di Berlusconi. Sarà infine interessante vedere che soluzioni apporterà la Lega governativa di Salvini di fronte a un prossimo periodo di crisi economica e finanziaria (come il momento di recessione globale prospetta), quando non potrà più servirsi del tanto consumato metodo della rassicurazione condivisa e sicura. È un dato di fatto che il prossimo settembre il governo dovrà decidere sulla possibilità di apportare una manovra correttiva per gestire la questione dell’aumento dell’Iva, proprio mentre la Lega propone di dare il via a una prima versione della tanto acclamata Flax Tax a due aliquote, con un primo finanziamento di 15 miliardi. Forse anche questi in deficit.

Gianpaolo Plini per Policlic.it


[1] Fabio Sapettini e Andrea Tabacchini in “Da Pontida a Mosca. Gli accordi tra Putin e la Lega Nord” Edizione Samovar

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