Il tempo degli Dei

Il tempo degli Dei

Chiunque sostenga che l’Italia sia orfana di grandi e indiscussi compositori musicali, non avrà sicuramente incontrato per la sua via un Artista che risponde al nome di Luca Turilli. Ancora una volta, dopo il digiuno musicale durato tre anni, lo schivo compositore Triestino regala a tutti noi l’ennesima meraviglia di un genere musicale a se stante, unico al mondo e qualitativamente indiscutibile: il “Cinematic Metal”.

Colpisce lo spessore culturale del capolavoro (fatico a non definirlo tale) nel quale, senza apparenti difficoltà, viene percorsa la storia, coniugando passato e futuro in un unico spazio a-temporale, senza tralasciare questioni metafisiche, spirituali e filosofiche.

L’album si apre con Nova Genesis, pezzo interamente corale in lingua latina, in cui si possono apprezzare versi dell’apocalisse di Giovanni e vari riferimenti religiosi.

Il cigno nero, la prima delle tre tracce totalmente eseguite in lingua italiana, rimanda alle “riflessioni meditative” tanto care al chitarrista/tastierista, attraverso le quali emana “energia positiva” e si emancipa del mondo terrestre, corrotto e peccaminoso, per intraprendere la ricerca della verità assoluta e della purezza d’animo. Le sonorità dure e il ritmo incalzante danno alla canzone un fascino singolare, sostenuto da una linea vocale decisamente caratteristica e impeccabilmente interpretata da un Alessandro Conti in grande spolvero.

Rosenkreuz, singolo e canzone di punta dell’album, riporta “in vita” il vegliardo Christian Rosenkreuz, fondatore dell’ordine dei Rosa Croce e prototipo dell’uomo che rinasce secondo la sua essenza divina. Il pezzo si apre con un coro a cappella in stile gregoriano retto da una base di musica elettronica, prosegue con melodie del collaudato metal neoclassico per terminare poi con l’accenno ad una liturgia domenicale.

Si continua con Anahata, traccia dall’altissimo contenuto power metal, linguisticamente dicotomica e teatro perfetto per ricordare agli scettici (attraverso uno dei pochissimi assoli di chitarra presenti nell’album) che il compositore non ha perso la capacità di dominare, alla perfezione, il suo strumento principe.

Il tempo degli Dei, pezzo italiano per eccellenza, è la punta di diamante che rende l’album una meraviglia. Epicità e musicalità si incontrano per dar vita ad un dispensatore infinto di emozioni. La tradizione della musica popolare e del cantautorato “made in Italy” (scuola Branduardi per intendersi) sono vivissime nella verve compositiva dell’autore. Il risultato è una traccia eufonica, in grado di rimanere ancorata per sempre alla mente dei seguaci di questo singolare genere musicale.

Per ogni intellettuale che si rispetti il confronto con il fantastico mondo di Tolkien è obbligatorio. Turilli lo fa nel secondo album del suo nuovo progetto solista. One ring to rule them all è il frutto di questo confronto. Inutile dire che l’interpretazione delle “sacre scritture” non potrebbe essere più empatica di come viene proposta in quest’opera. Cavalcate vecchio stile si alternano ad incantate suite musicali e a cori squisitamente leggendari.

Notturno, è l’opera lirica dell’album, la rivisitazione di un caposaldo della musica classica (N1, op.72 di Chopin) dotata di un testo quasi interamente Italiano. Solo delle immagini in bianco e nero, proiettate mentre la si ascolta, potrebbero renderla più suggestiva di quanto già non lo sia ascoltarla ad occhi chiusi. Da notare la strepitosa interpretazione/prestazione del soprano francese Emile Ragni.

Prometheus, la title track, è paradossalmente la traccia più vicina allo stile del precedente lavoro di Luca e compagni. Presenta un testo rapsodico adattato alla migliore esecuzione della personalissima “musica classica 2.0”.

La vera novità dell’album è senz’altro “l’orientale” king Solomon and the 72 names of god. Storia e Religione coesistono in questo magnifico brano condito da numerose scale arabe. Un intermezzo melodico presenta quella che pare essere una tradizionale composizione musicale dell’Est del Mondo.

Ancora un altro inno alla ricerca della “sapienza superiore” viene partorito dal genio di Turilli attraverso la magica Yggdrasil. La canzone narra la storia di un sacrificio di un uomo che, rimanendo appeso all’albero della conoscenza (Yggdrasil) per nove giorni e nove notti, sacrifica sé stesso a sé stesso. La melodia di sottofondo rende perfettamente l’idea di questo martirio sottolineando una strepitosa proprietà tecnica da parte della band.

Infine, come sempre accade, l’ultima traccia è un longevo colossal musicale: Of Michael the archangel and Lucifer’s fall Part II: Codex Nemesis. Sequel del precedente “episodio”, non ne fa rimpiangere la bellezza. La commistione di diversi generi musicali e la struttura teatrale della canzone la rendono piacevole all’ascolto e mai banale.

Turilli, proprio come gli Dei del suo capolavoro, sfida gli oceani di difficoltà che il pregiudizio, verso un genere musicale non di massa, pone dinanzi a tutti coloro che si disinteressano a priori. A lui l’onere di portare alto lo stendardo dell’eccellenza musicale Italiana, in giro per il Mondo.

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