NATO, storia di un’Alleanza – Tra persistenza e obsolescenza

NATO, storia di un’Alleanza – Tra persistenza e obsolescenza

Introduzione

Pur costituendo sin dalla sua fondazione l’oggetto di accesi dibattiti concettuali inerenti la teoria delle alleanze, tanto l’esistenza stessa quanto la persistenza della NATO (North Atlantic Treaty Organization) al termine della Guerra Fredda hanno profondamente influenzato l’evoluzione delle Relazioni Internazionali quale disciplina scientifica. La dottrina ha prevalentemente focalizzato la propria attenzione sulle origini e sul processo di costituzione delle alleanze internazionali, sul loro grado di coesione interna e tensione esterna, sul rapporto con la guerra e sull’efficacia nel perseguimento degli interessi dei membri. Molteplici gli interrogativi lasciati irrisolti: in che modo le alleanze rispondono ai dinamici mutamenti delle contingenze sistemiche? Cosa avviene quando il nemico esistenziale che aveva garantito legittimità e fondamento all’alleanza viene meno? Come si adattano le strutture a eventuali obiettivi innovativi preposti?

Contrariamente alle erronee previsioni di una parte consistente della teoria delle Relazioni Internazionali, per la quale le alleanze sono sistematicamente destinate a implodere qualora venga meno la necessità di controbilanciare il potere di un competitor sullo scenario internazionale, la NATO non solo è sopravvissuta ai radicali cambiamenti intervenuti nel triennio 1989-1991, ma è divenuta l’istituzione internazionale preposta alla sicurezza per antonomasia. Ha aggiornato i propri concetti strategici tre volte, allargato lo spettro delle proprie attività, ampliato progressivamente l’orizzonte geografico dal suo riferimento “atlantico”, consolidato la peculiare organizzazione militare integrata che la contraddistingue. Strumento atto al contenimento dell’Unione Sovietica (persino sconfitta senza neppur aver sparato un colpo), la NATO ha assicurato il coinvolgimento permanente degli Stati Uniti in Europa e contribuito in maniera decisiva a convogliare le forze dei membri verso la minaccia monolitica esterna, rappresentata dal comunismo di matrice sovietica. Ma soprattutto, ha liberato le relazioni tra gli Stati dell’Europa occidentale dallo spettro della guerra, inaugurando una longeva era di pace senza precedenti.

Scopo di questo focus, una volta presentato il framework teorico di riferimento alla base dell’analisi, sarà quello di ripercorrere la storia dell’Alleanza Atlantica, dalla sua fondazione nel dopoguerra sino al giorno d’oggi; la storia, cioè, di un successo.



Le alleanze nelle Relazioni Internazionali

Fenomeno persistente e connaturato nella politica internazionale tanto quanto guerra e potere, non esiste una definizione accademica universalmente accettata di alleanza. I rari tentativi di elaborare teorizzazioni onnicomprensive sul tema sono sempre risultati vani per una pluralità di concause. Le alleanze internazionali, infatti, hanno variato nella forma assunta (dai trattati di non aggressione a quelli puramente difensivi); negli scopi perseguiti e nei mezzi impiegati; nella durata; nella dimensione e nella spazializzazione. Prescindendo dalle ambiguità semantiche e dalle interpretazioni teoriche confliggenti, si intende per alleanza una formale o informale relazione di sicurezza tra due o più Stati sovrani, attori unitari e razionali nel sistema internazionale, regolante l’uso e/o il non uso della forza militare, in specifiche circostanze, in funzione di una minaccia esterna. Quest’ultima non è esclusivamente determinata dal coefficiente di potere dell’antagonista, bensì dal grado di percezione della minaccia esercitata, prodotto di quattro fattori essenziali: 1) potenza aggregata; 2) prossimità geografica; 3) capacità offensive e 4) intenzioni offensive.

Impossibile comprendere appieno le alleanze tra Stati senza indagare le fondamenta e le caratteristiche dell’ordine internazionale contingente, che determinano tanto il leitmotiv preposto alla loro istituzione quanto la natura stessa di determinati allineamenti. La polarizzazione del sistema internazionale è, ad esempio, un elemento chiave che non può essere ignorato. Mentre la rigida strutturazione di un ordine bipolare, in cui tutti gli attori minori gravitano attorno a due superpotenze rivaleggianti, circoscrive fortemente la libertà di manovra inerente alla politica delle alleanze, la condizione di relativa parità presente in un contesto multipolare tra plurimi attori rende le scelte effettuabili potenzialmente indeterminate — ciascuno Stato può, cioè, essere indistintamente alleato o nemico di qualsivoglia unità. Il paradigma anarchico dell’arena internazionale, strutturalmente caratterizzata dall’assenza di una suprema autorità politica legittimamente designata al sovrano esercizio dell’uso della forza, rende la ricerca della sicurezza un tratto ineludibile della condizione umana; assicurare la preservazione dell’attore quale entità autonoma e indipendente costituisce il primario interesse securitario di uno Stato nel contesto internazionale.

Le alleanze sono dei validi strumenti mediante i quali è possibile mitigare l’anarchia sistemica, esternalizzare e condividere il problema della minaccia esistenziale che pone a repentaglio l’indipendenza e l’integrità territoriale di una o più unità dell’equilibrio vigente. In un mondo competitivo e pericoloso, gli Stati si alleano, nel perseguimento dei propri interessi nazionali, per massimizzare l’utile in termini di sicurezza, a patto che i benefici eccedano i costi — il grado d’autonomia politica sacrificata e gli sforzi profusi per onorare la promessa di alleanza.

Bruxelles, 14 Ottobre 2010.
Nella fotografia, scattata presso il quartier generale della NATO dal Sergente Capo della U.S. Air Force Jerry Morrison, l’allora Segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America Robert M. Gates si riunisce con i colleghi dell’Alleanza Atlantica in preparazione del summit NATO a Lisbona.
Fonte : Wikifreund / Wikimedia Commons



Balance of power” e “bandwagoning

Il processo di formazione delle alleanze interstatali è strettamente correlato a due concetti ricorrenti della disciplina delle Relazioni Internazionali: l’equilibrio di potenza, altresì noto come balance of power, e il bandwagoning, ossia la propensione a salire sul carro dei vincitori. Alla base della tradizionale teoria dell’equilibrio di potenza, tendenza sistemica correlata alla soprammenzionata struttura anarchica del contesto internazionale, risiede l’assunto secondo il quale gli attori internazionali istituiscono alleanze al fine di prevenire una eccessiva concentrazione di potere e l’acquisizione di una condizione egemonica sull’intero sistema da parte di uno Stato spregiudicato e ambizioso. Le alleanze divengono, cioè, efficaci rimedi difensivi di un meccanismo che, indipendentemente se caratteristica innata dell’ordine vigente o prodotto dell’interazione politica tra i membri della comunità internazionale, impedisce a uno Stato di conseguire una posizione predominante su tutte le altre unità. Strategia antitetica, con bandwagoning si intende la condizione di acquiescenza nei confronti dell’aspirante egemone e la ricerca di benevolenza da parte degli attori minori. Forma remissiva di appeasement strumentale all’ottenimento di un maggior “dividendo della pace”, tale tendenza a salire sul carro dei vincitori è rara e ha indubbiamente minor riscontro empirico rispetto alla teoria del balance of power.



La dimensione interna

Conclusa l’alleanza, il più delle volte a seguito della stipulazione di un formale trattato internazionale che aggiunge vincoli giuridici al principio di reciprocità e all’obbligo morale del pacta sunt servanda, i membri devono assicurarne la preservazione e la persistenza. Posto che gli interessi perseguiti nella cornice dell’alleanza costituiscono una parte limitata dell’interesse dei singoli contraenti, la razionalizzazione e la legittimazione degli obiettivi prefissati rappresenta un compito imprescindibile per le alleanze che aspirano a proiettarsi nel tempo.

Il problema costitutivo di maggior rilevanza che i membri di un’alleanza internazionale si trovano a dover affrontare è rappresentato dalla compiuta determinazione della “linea rossa” che divide ciò che gli Stati mettono in comune e ciò che continuano a perseguire autonomamente. Per dirimere tale questione, è necessario stabilire quali interessi rafforzano la coesione interna dell’alleanza — siano essi più o meno numerosi, più o meno importanti e più o meno condivisi da tutte le parti contraenti. Maggior condivisione di interessi, maggior unità d’intenti e complementarietà, maggior coesione. Il perimetro di sicurezza include, inoltre, la delimitazione geografica e l’orizzonte geopolitico dell’alleanza; la coesione di un’alleanza sarà indubbiamente rafforzata se i membri appartengono al medesimo contesto regionale e percepiscono analogamente la minaccia esercitata da uno Stato contiguo, nonostante possano esserci divergenze politiche e militari sulle modalità di intervento e di risoluzione del problema. L’eterogeneità geografica costituisce d’altronde un ostacolo potenzialmente insormontabile alla coesione interna di un’alleanza, dato che la percezione di un pericolo può mutare radicalmente da Stato a Stato, a seconda della propria collocazione.



Alleanze ineguali

Il rapporto intercorrente tra membri di un’alleanza, il loro coefficiente di potenza e il rispettivo posizionamento nella gerarchia del prestigio internazionale influenzano fortemente le prospettive di stabilità interna della stessa. Il differenziale di peso politico e l’asimmetrica distribuzione di potere tra una piccola/media potenza, incapace di conseguire autonomamente una condizione di sicurezza soddisfacente con le proprie capacità tecnologiche, e una grande potenza si riflette all’interno dell’alleanza. Qualora tra due o più Stati non sussistesse una condizione di eguaglianza e parità, l’alleanza ineguale creatasi — nella maggior parte dei casi nota come alleanza egemonica — verrebbe monopolizzata internamente ed esternamente dall’azionista di maggioranza: la grande potenza, che detiene il monopolio della diplomazia e dell’uso della forza, può avvalersi di strumenti quali la sanzione politica ed economica per i disertori e la ricompensa per la fedeltà degli alleati minori. Nell’eventualità di un’alleanza di tale genere, stabilità e coesione dipendono dalle capacità e dalla volontà della grande potenza di porsi alla testa della coalizione, rendendo inopportuna — o, qualora venissero mostrati segni di debolezza o titubanza a guidare, auspicabile — la defezione unilaterale dei protetti.



Coesione e integrazione

Al fine di elaborare una strategia efficace e universalmente condivisa, un’alleanza deve stabilire il grado di integrazione tra le parti contraenti. Ma il labile confine tra commistione politico-militare e indipendenza, specialmente nei sistemi internazionali multipolari, ha sempre costituito un problema rilevante nella scelta degli allineamenti, per una molteplicità di questioni spinose: dall’attribuzione del comando all’uso delle infrastrutture logistiche dei vari membri, sino alla specializzazione dei singoli membri nella propria “nation’s best quality”. Oltre all’integrazione di natura militare, che richiede una oculata strategia negoziale concertata, l’esponenziale progresso tecnologico ha profondamente mutato l’elaborazione e l’implementazione delle scelte diplomatiche delle alleanze: il capitale politico e il potere negoziale di quest’ultima risultano incommensurabilmente maggiori quando sullo sfondo, per fattori psicologici e securitari, si “spendono” le capacità potenzialmente distruttive dei singoli membri.



La fine delle alleanze

I dinamici mutamenti che caratterizzano i sistemi internazionali, indipendentemente dalla distribuzione di potere e dalla polarizzazione in uno specifico intervallo temporale, coinvolgono le alleanze esistenti e ne determinano il successo e/o lo smantellamento, il più delle volte assumendo la forma di guerre “generali” che causano la fine dell’ordine globale vigente e la costituzione di uno nuovo.

La sconfitta del nemico antitetico rappresenta la più importante causa esterna che può condurre un’alleanza al suo termine. Tuttavia, possono concorrere al medesimo risultato formali negoziati diplomatici con terze parti, che prevedano il superamento della rivalità per cui la coalizione è sorta, e radicali mutamenti nella politica estera degli originari antagonisti. Inoltre, di fondamentale rilevanza nell’analisi della fase terminale di un’alleanza internazionale sono le dinamiche interne all’alleanza stessa e ai singoli Stati membri: dalla contestazione da parte di attori minori alla leadership dell’alleanza sino a giungere all’instabilità politica dei contraenti, in cui i governanti affermatisi in seguito a un’elezione contestata, un colpo di stato o una rivolta intestina potrebbero interrompere la continuità in politica estera e alterare profondamente le scelte degli allineamenti.

Nella vignetta satirica “Zwischen Berlin und Rom” (“Tra Berlino e Roma”), pubblicata il 16 Maggio 1875 sulla rivista tedesca Kladderadatsch, l’autore Wilhelm Scholtz rappresenta l’applicazione della Kulturkampf bismarckiana come una partita a scacchi che vede contrapposte la Germania del Cancelliere Otto Von Bismarck e la Chiesa Cattolica guidata da Papa Pio IX. Fonte: Wikimedia Commons



Alessio Marsili
per www.policlic.it 

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