“Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d’Egitto: Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiare. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo custodirete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà tra i due vespri. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco, la mangeranno con azzimi ed erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la pasqua del Signore! In quella notte io passerò nel paese d’Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell’Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d’Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete con un rito perenne. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso”.
Questo brano, estratto dall’Antico testamento (più precisamente dal libro dell’Esodo), ha lo spiacevole compito di giustificare uno dei massacri più longevi della storia.
Durante il periodo della “Santa Pasqua” i Cristiani decidono (direttamente o indirettamente) di aumentare la già massiva distribuzione di dolore al mondo animale, attraverso la mattanza degli agnelli. E’ necessario constatare come questa sia una pratica brutale che non trova posto nella logica stessa della religione. Non ha senso alcuno, infatti, redimere un peccato con un altro peccato.
Invito tutti i lettori a visionare i filmati inerenti all’argomento trattato (presenti in gran numero sul web) per avvedersi della barbarie che questa tradizione comporta.
Per rendere più suggestivo questo racconto mi servirò della descrizione di alcuni di questi filmati, e di alcune immagini tratte dagli stessi, concentrandomi sul percorso imposto agli agnelli pochi giorni dopo la loro nascita (40 giorni circa) che li condurrà alla Fine di un viaggio breve, ma intenso. Di fatti il numero elevatissimo di vessazioni, e di maltrattamenti subiti dai poveri animali, non trova giustizia nel brevissimo tempo trascorso dagli stessi su questa terra.
In un primo momento i poveri agnelli vengono privati delle cure della madre, per poi venire appesi (in gruppi di dieci circa) ad una bilancia. Già in questa fase iniziano a comprendere che la loro fine è vicina, sono storditi e hanno paura. Sì, gli animali, a dispetto di quello che l’uomo “poco attento” pensa, riescono a percepire il pericolo e a provare quel sentimento che noi definiamo paura.
La fase successiva li vede ammassati uno sopra l’altro nei camion che li trasportano dal luogo di nascita al macello; intraprendono così il loro primo e ultimo viaggio.
Disgraziatamente si giunge al macello. Questa è la fase più ricca di contenuti, in quanto tutto è lasciato alla fantasia del “carnefice” che, disponendo di strumenti, sia all’avanguardia che rudimentali, può sbizzarrirsi nello scegliere le pratiche “demoniache” con le quali eseguire le condanne a morte.
Viene, allora, il momento di avviarsi al luogo dell’esecuzione. Qui possiamo assistere alla fila ordinata di cuccioli formatasi nel corridoio antecedente la “camera mortuaria”. Guardando gli occhi di queste bellissime creature si ha la sensazione che abbiano perfettamente afferrato le intenzioni degli uomini (privi di sensibilità) che li circondano. Il loro sguardo eloquente, in effetti, vale più di mille parole e genera più di un milione di luttuose sensazioni.
Descriverò perciò alcuni metodi di esecuzione capitale: la “decapitazione”, la “perforazione del cranio con il chiodo” e la “tecnica del dissanguamento”.
Nella “decapitazione” si percepisce la “cattiveria” insita nell’Uomo. Nel video, infatti, “l’operaio” con gelida regolarità posiziona l’agnello su un tavolo e, munito di un piccolo coltello (a quanto pare dalle immagini non molto affilato), inizia a incidere il collo della povera bestia che, tremante, abbandona la vita in un mare di sofferenze.
Nella tecnica “del chiodo” (la tecnica che più di tutte certifica come questa pratica sia divenuta ordinaria amministrazione) l’agnello viene immobilizzato, per poi procedere alla perforazione del cranio attraverso una pistola sparachiodi. Le riprese relative a questa modalità di uccisione sono scioccanti. Dopo l’avvenuta esecuzione, infatti, il corpo dell’agnellino continua a muoversi in preda agli spasmi procurati dal dolore e dall’ultimo anelito di vita presente nel piccolo organismo.
L’immagine più macabra, però, ce la regala la iugulazione, ovvero la recisione dei grandi vasi sanguigni del collo dell’animale. In questo tipo di esecuzione possiamo osservare l’agnello appeso a testa in giù che, regalando al terreno tutto il suo sangue e perdendo progressivamente le forze, si abbandona con rassegnazione alla morte. L’espressione che si dipinge sul volto dello sfortunato animale,in quegli interminabili attimi, dovrebbe essere in grado di frantumare il cuore più duro e di eliminare, anche solo il ricordo, di ciò che accade in quei funerei luoghi.
Vorrei fosse chiara a tutti questa affermazione di stampo scientifico: “la fisiologia del dolore ha gli stessi meccanismi nervosi in tutti gli ordini di animali. Ciò significa che gli animali percepiscono dolore esattamente come l’uomo”.
Infine, un ultimo punto sul quale ho concentrato la mia attenzione è stato l’audio di questi filmati. Il belare degli agnelli, infatti, non molto si discosta dal pianto di un bambino. Questo dovrebbe, quantomeno, farci riflettere sulle malvagità che il genere umano perpetra da millenni sugli agnelli (e sugli animali tutti), in nome di una causa ingiusta e priva di valore, sia logico che spirituale.
Ora, mi piacerebbe sapere se ogni individuo che si definisce credente, e che rispettando la tradizione Cristiana imbandisce la sua tavola a festa nell’Agnus Day (giorno dell’agnello), abbia la più pallida idea del dolore e della disperazione generata da quel “gustoso piatto”.
Mi chiedo, inoltre, se nel 2015 mangeremo (l’agnello): in fretta, con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano”.
E’ giunto il momento di trasformare quel memoriale in un ricordo lontano e di abbandonare quei vecchi riti in nome del progresso; Progresso che continuiamo a millantare, senza tuttavia assistere a nessun riscontro “empirico”.
Ps: Ringrazio profondamente tutte quelle associazioni, tipo “Animal Equality”, “E.n.p.a” e tante altre, che amplificano il problema e si cimentano in quel difficile compito di sensibilizzazione della società alla causa animale.