Cuba: storia di uno Stato ribelle

Cuba: storia di uno Stato ribelle

Dalla fine del colonialismo spagnolo alla perdurante pressione statunitense

Subito dopo l’indipendenza dalla Spagna[1] e dopo la pace di Parigi del 1898, gli Stati Uniti insediarono a Cuba un governo d’occupazione che favorì apertamente la penetrazione dei capitali nordamericani. Tale evento, insieme alla drastica riduzione della sovranità nazionale sancita dall’emendamento Platt[2] nella costituzione del 1901, rafforzò quel sentimento antimperialista che avrebbe rappresentato una costante nella storia dell’isola. Un accordo del 1903 fissò forti riduzioni tariffarie generalizzate per le importazioni nel Paese, ma più consistenti per le merci nordamericane. Questo schema impedì il decollo di qualsiasi industria locale e rafforzò il carattere monocolturale dell’economia isolana, le cui esportazioni erano per oltre due terzi saccarifere[3].

Nel 1920 il prezzo dello zucchero passò dai 6,65 centesimi di pesos per libbra registrati a gennaio, ai 9,5 a febbraio; raggiunse i 12,5 a fine di marzo, i 18 a metà aprile, per arrivare a 22,5 centesimi di pesos alla fine di maggio; nel dicembre 1920 il prezzo dello zucchero subì un drastico crollo, arrivando a un costo di 3,75 centesimi di pesos[4]. Tutti gli zuccherifici che avevano ottenuto prestiti per comprare i macchinari, ordinare le merci e pagare i coloni si trovarono nella condizione di non poter estinguere i propri debiti. Le banche chiusero gli sportelli agli imprenditori e la Royal Bank of Canada raccolse i frutti dei fallimenti altrui diventando proprietaria della maggior parte degli zuccherifici dell’isola caraibica. Subito dopo le elezioni fraudolente del novembre 1920, Menocal e Zayas[5] chiesero un prestito di 100 milioni di dollari per cercare di arginare la falla. La Banca Morgan ne concesse 50, con il vincolo che il prestito fosse gestito da un comitato di banchieri di New York, il quale si installò senza troppe formalità al posto del segretario al Tesoro cubano. Il controllo statunitense si irrigidì con la nomina del primo ambasciatore in terra cubana, Enoch Herbert Crowder, un maggiore generale dell’esercito, che governò senza nessun incarico formale dalla nave da guerra Minnesota ormeggiata nel porto dell’Avana[6]. L’ambasciatore americano, dalla sua postazione, scrisse il discorso d’insediamento del presidente neoeletto Zayas, e intervenne pesantemente nella nomina dei ministri per cercare di fermare il clientelismo dilagante.

Zayas, infastidito dall’eccessiva ingerenza, fece trapelare sulla stampa il contenuto di un memorandum inviatogli dallo stesso Crowder, provocando un’ondata nazionalista in seno all’opinione pubblica cubana. Crowder, a seguito di tale scandalo, dovette formalizzare la sua posizione dimettendosi dall’esercito per poter essere nominato ambasciatore, ma vide ridotto il suo potere[7].



La crisi economica e la dittatura di Machado

Ritratto fotografico di Gerardo Machado, presidente e dittatore dell’era prebatistiana. Fonte: Mar545/Wikimedia Commons

Il prezzo dello zucchero continuò a scendere, fino ad arrivare a 2,2 centesimi per libbra nel 1926[8]. Il mercato nordamericano era saturo e la globalizzazione aveva contribuito ad alimentare una competizione commerciale con Paesi come le Hawaii e le Filippine.

Nelle elezioni del 1925 il generale Gerardo Machado venne eletto presidente grazie a un programma elettorale che mirava a riformare la giustizia, a rendere le università autonome e a sopprimere l’emendamento Platt. Il governo Machado si rivelò nel giro di pochi mesi una dittatura: si commisero omicidi politici e repressioni violente verso le manifestazioni organizzate dai movimenti studenteschi e dai sindacati di nuova formazione. Si aprì un periodo di radicalizzazione del malcontento giovanile urbano che trasformò la lotta politica in un susseguirsi di attentati e in una reiterazione di atti di banditismo[9].

Negli stessi anni si instaurò un dibattito tra gli intellettuali cubani, che analizzarono la realtà del proprio Paese, ponendo un accento marcato sulla dipendenza economica dagli Stati Uniti, giungendo a proporre delle politiche di rinnovamento sociale e un orientamento antimperialista. Juan Antonio Mella fondò nel 1925 il Partito Comunista di Cuba, dove più tardi sarebbero confluiti Ruben Martinez Villena e Juan Marinello. Allo stesso tempo, vista la proliferazione dei sindacati, si giunse alla creazione della prima confederazione sindacale, la Confederación Nacional Oberera Cubana (CNOC). Intanto si affermò il Directorio Estudiantil nell’università dell’Avana come espressione del movimento studentesco contrario al governo di Machado[10].

Fu un periodo particolarmente cruento per la “perla delle Antille”: qualsiasi sollevazione popolare veniva repressa nel sangue. Mella, il fondatore del Partito comunista, venne ucciso il 10 febbraio 1929 da un sicario assoldato dal Presidente cubano[11].

A peggiorare ulteriormente il quadro subentrò la crisi economica: un milione di persone viveva sotto la soglia di povertà e un quarto della forza lavoro si trovava in stato di disoccupazione[12].

 

 



Fulgencio Batista: un dittatore “burattino” degli Stati Uniti

Foto raffigurante Fulgencio Batista, indiscusso leader e poi dittatore “fantoccio” degli Stati Uniti
Fonte: CNN/Wikimedia Commons

Già a partire dal 1931 si infittirono tentativi insurrezionali, attentati e omicidi da parte delle forze dell’ordine, mentre molti settori della popolazione perseguirono la strada dello sciopero fiscale. Questa doppia azione delle forze statali e del popolo era tesa a destabilizzare il governo Machado. Il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt iniziò a fare pressioni sull’ambasciatore americano Summer Welles per le dimissioni di Machado poiché, avendo quest’ultimo orientato la propria politica in funzione marcatamente antimperialista, non garantiva più gli interessi economici statunitensi. Nonostante i tentativi di risoluzione diplomatica, Machado nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1932 fuggì a Nassau con un aereo[13].

Summer Welles tentò di prendere in mano le redini dell’isola caraibica, ma gli fu chiesto di soprassedere, così il potere passò a un governo provvisorio presieduto da Quesada. A seguito di ciò, un gruppo di sottoufficiali guidato dal sergente Fulgencio Batista, il 4 settembre 1933, realizzò un colpo di Stato – definito “dei sergenti” – con cui rovesciò il governo provvisorio di Quesada. Batista, autoproclamatosi colonnello e Capo di Stato maggiore, ottenne l’appoggio del Directorio Estudiantil. Dalla collaborazione tra queste due entità fu individuato il nuovo presidente provvisorio nella figura del preside della facoltà di Medicina Ramon Grau San Martín. Questi varò un programma fortemente riformista e nazionalista (con, ad esempio, la sospensione unilaterale dell’emendamento Platt)[14]. Tale atteggiamento suscitò le ostilità di Washington, che tentò di destabilizzare il governo provvisorio di Grau attraverso manovre navali al largo di Cuba e rifiutandosi di riconoscere il nuovo governo. Batista recepì il messaggio: di fatto era lui il vero manovratore della politica cubana, l’uomo con cui approcciarsi per affrontare le problematiche dell’isola. Per dare un segno tangibile dell’appoggio a Batista, gli Stati Uniti abrogarono definitivamente l’emendamento Platt nel 1934. Durante i sette governi cubani che si susseguirono dal 1934 al 1940, l’esercito diventò la prima forza politica del Paese. Batista manipolò gli eventi da dietro le quinte prima di presentarsi come candidato alle elezioni del 1940, che vinse grazie all’appoggio dei comunisti ai quali fu concesso di organizzarsi in piena legalità. Nel 1940 fu adottata una nuova costituzione di stampo progressista che riconosceva per la prima volta il diritto di voto alle donne, garantiva la giornata lavorativa di otto ore, la libertà di associazione e vietava la segregazione razziale ma anche i movimenti politici fondati sulla razza[15].

Batista fu il vero dominatore dell’isola sino al 1944 guidando il paese in prima persona o attraverso presidenti fantoccio. L’ex sergente approfittò di una incipiente ripresa economica per guadagnare il consenso delle classi popolari con misure demagogiche. Batista, poi, fu abile nel coinvolgere il PCC nella formazione di governo e nelle scelte delle politiche da avviare. I primi segnali di un avvicinamento divennero evidenti sin dal 1936, con una dichiarazione di Blas Roca, pseudonimo di Francisco Calderío, un calzolaio poi divenuto segretario generale del Partito comunista[16].

Il Generale cubano fu abile nel cooperare con il PCC, soprattutto attraverso una serie di concessioni, come la legalizzazione del Partido Unión Revolucionaria. Nel 1942 la collaborazione tra il PCC e Batista si istituzionalizzò: i comunisti chiesero di partecipare direttamente al governo. Batista diede l’assenso, e nel 1943 Juan Marinello (un poeta tra i fondatori del PCC) ottenne un ministero senza portafoglio[17].

Nelle elezioni del 1944, quando Batista accettò il rischio di un confronto elettorale in elezioni relativamente libere, uscì sconfitto. Dalle consultazioni risultò vincente il medico Ramon Grau San Martín. La dirigenza del PCC, attraverso le dichiarazioni di Blas Roca, fece intendere di recare supporto all’ex leader cubano, che non doveva essere allontanato completamente poiché rappresentava una “magnifica garanzia della democrazia cubana”[18].

I governi di San Martín, leader e fondatore del Partido Revolucionario Cubano Auténtico, e del suo successore, Prio Socarrás, furono caratterizzati da lotte politiche e da una instabilità economica che pressava i cittadini e gli imprenditori. Il senatore Eduardo Chibás, in un clima aggravato da violenza e corruzione, fondò il Partido Ortodoxo. Chibás si suicidò nell’agosto 1951 in diretta radiofonica per non esser riuscito a trovare prove tangibili della corruzione di un ministro cubano del governo Socarrás, da lui accusato. Dopo questo gesto e grazie alla popolarità raggiunta dal senatore, il candidato alla presidenza del Partido Ortodoxo aveva enormi probabilità di vincere le elezioni presidenziali del 1952[19].

Per impedire un’eventuale ascesa al potere dei rivali socialisti, Batista inscenò un colpo si Stato, il 10 marzo 1952. Un gruppo di uomini occuparono caserme, palazzi ministeriali, redazioni di giornali e uffici televisivi[20]. Il suo governo venne riconosciuto immediatamente dagli Stati Uniti, i quali avevano paura di un indebolimento della propria influenza sull’isola e si trovavano a fronteggiare le esigenze delle forze democratiche che premevano per una riforma che desse libertà e giustizia ai cubani. L’ex sergente prese delle misure drastiche: sciolse il parlamento e abolì la costituzione del 1940.

Il regime batistiano vendette a ditte americane il 90% delle miniere di nichel e delle proprietà terriere, l’80% dei servizi pubblici e il 50% delle ferrovie. Con la circolazione del denaro in mano a industriali stranieri, che lo gestivano senza le regole presenti in patria, cominciarono a dilagare prostituzione e gioco d’azzardo, attirando molti turisti nordamericani[21].

La posizione degli Stati Uniti venne espressa da un numero del “Time”, uscito con una copertina dove campeggiava il volto di Batista con lo sfondo della bandiera cubana, con il titolo “Batista porta la democrazia a Cuba”[22].



Fidel Castro, una nuova speranza per Cuba

L’opposizione era in mano a un giovane avvocato che aveva partecipato attivamente alla vita associativa giovanile del Partido Ortodoxo: Fidel Castro.

Il giovane Fidel, nato nel 1926 nella parte settentrionale della provincia d’Oriente da un immigrato spagnolo divenuto proprietario terriero, e iscrittosi all’università dell’Avana nel 1945, diventò leader della Feu nella facoltà di giurisprudenza. In quegli anni prese contatto con Alfredo Guevara e Leonel Soto, due giovani comunisti che poi acquisiranno notevole importanza dopo la vittoria della rivoluzione[23].

Il primo tentativo di reazione di Castro fu la denuncia alla Corte costituzionale dell’illegalità del colpo di Stato batistiano, chiedendo a gran voce la messa in stato di accusa del dittatore. Il Tribunale respinse il ricorso, dichiarando l’operato di Batista legittimo, aderente alla rivoluzione[24].

Esaurite le vie legali, il giovane Castro si assunse la responsabilità di passare alla lotta armata. Alla guida di un gruppo di giovani studenti, Fidel Castro decise di assaltare una caserma di polizia con lo scopo di scatenare la reazione del popolo e rovesciare il regime.

La notte precedente all’attacco, il 25 luglio 1953, a Santiago di Cuba, i rivoluzionari credettero di poter prendere di sorpresa i soldati della caserma approfittando di una festa che si svolgeva in città. I ribelli formarono una colonna di automobili per simulare una delegazione guidata da un alto ufficiale in arrivo dalla parte occidentale di Cuba e, per meglio mimetizzarsi, indossarono alcune uniformi dell’esercito, rubate prima dell’azione. Dopo aver conquistato la fortezza, il loro scopo era quello di utilizzare la trasmittente radio locale per diffondere trasmissioni di propaganda che spingessero la popolazione a sollevarsi per rovesciare il regime di Fulgencio Batista. L’attacco iniziò alle 5 di mattina del 26 luglio ma fu condotto in modo maldestro: Fidel Castro e suo fratello Raúl guidarono centosessanta ribelli male equipaggiati, armati per lo più con fucili da caccia. Quando si passò all’azione finale, l’assalto alla caserma Moncada fu un fallimento, a causa della netta inferiorità numerica dei ribelli. Sessantuno ribelli rimasero uccisi negli scontri e un terzo di loro furono catturati. Solo pochi ribelli, tra cui Fidel Castro, riuscirono a fuggire sulla Sierra Maestra, per essere poi catturati dopo una settimana[25].

L’eccesso della repressione del regime scatenò il malcontento dell’opinione pubblica: Batista concesse ai reduci dell’assalto del Moncada un processo pubblico, che ebbe inizio il 21 settembre a Santiago. Fidel decise di difendersi da solo: la sua arringa fu una lunga inquisitoria contro Batista, con una frase conclusiva a effetto, da cui è nato il libro, più volte ripubblicato, “la storia mi assolverà”[26].

Fidel fu condannato a 15 anni di reclusione e imprigionato insieme agli altri rivoltosi nel carcere de l’Isola de Pinos. Durante la prigionia, Castro iniziò a porre le basi per il suo movimento rivoluzionario, prendendo spunto dalle idee di José Martí[27].

Castro e i rivoltosi non scontarono la pena interamente: nel 1955 Batista, per cercare di normalizzare l’attenzione verso la sua figura, concesse un’amnistia generale.

I ribelli furono mandati in esilio in Messico, dove fondarono il Movimento del 26 luglio, indipendente dal Partido Ortodoxo. In questo periodo di esilio, Castro venne a contatto con figure di primaria importanza, tra cui il medico argentino Ernesto Guevara[28], detto il “Che” a causa del suo intercalare tipico della nazione di provenienza. Il principale finanziatore del Movimento per un lungo periodo rimase l’ex presidente Carlos Prío, anche se altri fondi vennero raccolti tra le comunità cubane a Miami e New York[29].

Durante il periodo messicano, Castro si concentrò sull’organizzazione del colpo di Stato: il duro addestramento militare si svolse in una fattoria distante 30 chilometri da Città del Messico.

La polizia messicana, con la collaborazione degli agenti di Batista, arrestò Castro con l’accusa di preparare in Messico un attacco a un altro Paese. Grazie all’intervento dell’ex presidente Lázaro Cárdenas[30] i ribelli furono scarcerati velocemente. Il 25 novembre del 1956, a bordo di un vecchio yacht, il “Granma”, Castro salpò alla volta di Cuba con 82 uomini[31]. L’impresa non era stata preparata al meglio: il Granma giunse con tre giorni di ritardo sulla data prevista, rendendo inutile l’insurrezione agitata dal fronte interno dell’M-26 luglio nella città di Santiago[32].

Fotografia di “Che” Guevara scattata dal fotografo cubano Alberto “Korda” Gutierrez (1928-2001), durante il memoriale per le vittime dell’esplosione de “La Coubre”, un mezzo militare belga esploso nel porto di l’Avana il 5 marzo 1960 (fonte : Museo Che Guevara, Havana Cuba/Wikimedia Commons, licenza di pubblico dominio. Fotografia di Alberto Korda).


I “Barbudos” e la guerriglia

Il 2 dicembre del 1956, i ribelli furono individuati e subito attaccati dalla polizia e quindi costretti a dividersi. La leggenda narra che solo in dodici sopravvissero: tra di essi Fidel e Raúl Castro, Che Guevara e l’italiano Gino Donè Paro (unico europeo della spedizione), che scamparono alla cattura, mentre quelli che vennero catturati furono condannati a morte senza processo. I pochi superstiti si rifugiarono sulla Sierra Maestra facendo perdere le proprie tracce. In quest’area montagnosa e aspra abitata dai precaristas, contadini poveri che occupavano le terre senza titoli di proprietà, fu organizzato il primo focolaio di resistenza[33].

Dopo i primi successi militari, i giovani e i contadini andarono a ingrossare le fila dei rivoluzionari. La loro partecipazione fu stimolata dalla cassa di risonanza rappresentata dall’organizzazione economica e sociale dei territori liberati, il cui fiore all’occhiello era la distribuzione delle terre. Tra i primi precaristas ad accogliere i sopravvissuti ci fu Crescencio Pérez, il quale aveva una vasta conoscenza del territorio e assicurò a Castro una solida rete di collegamenti e approvvigionamenti[34].

I barbudos (così denominati a causa della loro folta barba, costretti dalla mancanza di rasoi), con un effimero gruppo di una ventina di combattenti, attraverso azioni di guerriglia, assaltarono delle caserme isolate, assicurandosi rifornimento di armi e prestigio. Mentre la guerriglia nella Sierra Maestra si radicalizzava, nel febbraio del 1957 Castro rilasciò un’intervista a Herbert Matthews[35], un corrispondente del “New York Times”, suscitando un certo clamore nell’opinione pubblica nazionale, poiché il regime batistiano aveva dichiarato la morte dello stesso avvocato cubano avvenuta in Messico in circostanze misteriose[36].

Un evento che segnò ulteriormente la lotta dei ribelli fu l’uccisione da parte delle forze di polizia di Frank País, capo della resistenza della provincia d’Oriente. País era una delle figure più in vista e amate nella città di Santiago, tanto che la morte del giovane scosse profondamente la città. Durante i funerali l’intera città interruppe le attività produttive. Nonostante le repressioni, lo sciopero generale si diffuse a macchia d’olio nell’intera isola[37].

Il problema principale tra i ribelli era rappresentato dalle diverse linee strategiche presenti all’interno del movimento castrista: il fronte impegnato sulla Sierra Maestra insisteva sull’assoluta priorità della guerriglia rurale e dell’azione armata, mentre l’ala urbana del movimento voleva restare più aggrappata ai tradizionali sistemi di lotta (come scioperi ed elezioni democratiche) e aveva una visione filoamericana. I contrasti tra i due schieramenti dell’M-26 esplosero nell’aprile del 1958 quando il fronte urbano del movimento decise di indire uno sciopero generale che fallì clamorosamente. Le due ali del movimento, resesi conto delle difficoltà incontrate nell’indire manifestazioni e scioperi, arrivarono alla conclusione che l’unica via per poter spodestare Batista era proseguire con l’azione di guerriglia.

A uscirne vittorioso fu il fronte impegnato sulla Sierra Maestra, il quale rafforzò la sua posizione di principale oppositore di Batista grazie alla collaborazione con il Partido Ortodoxo (sancita dal Manifiesto de la Sierra Maestra) e con i comunisti cubani, inizialmente ostili nei confronti dell’M-26. Tra il febbraio e il marzo 1958 i barbudos, guidati da Raúl Castro, lasciarono la Sierra Maestra e aprirono due nuovi fronti nella Sierra de Cristal e a nord di Santiago. Un secondo gruppo di guerriglieri si stabilì nella Sierra del Escambray. Insieme al movimento si schierarono anche la maggior parte dei politici liberali, la borghesia zuccheriera (irritata dalle misure in materia di politica economica di Batista) e molti sacerdoti, sia protestanti che cattolici, questi ultimi mettendosi in conflitto con le gerarchie ecclesiastiche[38].


¡Viva la revolución! La vittoria del castrismo

I rivoluzionari erano consapevoli di avere le carte in regola per spodestare Batista.

Il pericolo per quest’ultimo divenne sempre maggiore, tanto che decise, nell’estate del 1958, di lanciare l’operazione “Verano”, una missione che aveva il compito di porre fine alla guerriglia rivoluzionaria. Duramente sconfitti nella battaglia di La Plata, i regolari non seppero approfittare delle situazioni favorevoli sopraggiunte nella battaglia di Las Mercedes, in cui Castro riuscì con l’astuzia a eludere le forze del generale Eulogio Cantillo. Il morale di coloro che combattevano per Batista cadde a picco. Nell’offensiva batistiana erano presenti dei tecnici nordamericani, i quali furono catturati dai ribelli durante l’offensiva finale. La richiesta fondamentale per il rilascio degli ostaggi fu la cessazione delle forniture di armi a Batista e di ogni supporto logistico agli aerei che bombardavano la Sierra Maestra. Il presidente Eisenhower fu costretto ad accettare le proposte di Castro, in vista dell’inesorabile perdita di legittimazione e credibilità del dittatore dell’isola caraibica[39].

Da “Radio Rebelde”[40], la radio dei rivoluzionari fondata da Ernesto Guevara e Frank País, si diffusero le voci della sconfitta governativa. Vennero lanciati degli appelli alla coscienza dei giovani ufficiali, pur ribadendo l’ostilità a un eventuale golpe finalizzato a ripristinare il vecchio governo. Fidel accettò, intanto, un nuovo accordo tra le forze dell’opposizione, che a Caracas nel luglio formarono una giunta unitaria con l’individuazione dei futuri dirigenti del Paese. Le varie forze politiche erano però slegate: il Directorio e le forze comuniste non riuscivano a coordinarsi tra loro.

Le truppe dell’M-26 iniziarono ad avanzare verso i palazzi governativi: Guevara scendeva con le sue truppe dalla parte centrale, nella direzione Las Villas, mentre Camilo Cienfuegos[41] marciava verso Pinar del Río. La rivoluzione castrista aveva coinvolto la totalità delle popolazioni: dai precaristas (già citati in precedenza), ai borghesi, agli imprenditori. Persino le forze dell’opposizione di governo appoggiavano le forze castriste.

Batista, come ultima risorsa per evitare la sconfitta, propose l’elezione di un nuovo presidente, a cui avrebbe dovuto lasciare il potere nel febbraio 1959, e faceva eleggere il 3 novembre un suo fantoccio, Rivero Agùero, in elezioni in cui la partecipazione oscillava tra il 10 e il 30 per cento. Castro annunciò che qualsiasi partecipazione alle elezioni truffa di Batista sarebbe stata punita con la morte o con trent’anni di carcere[42].

Il 29 dicembre 1958 iniziò la battaglia di Santa Clara: nonostante la superiorità numerica delle forze governative, le motivazioni e la strategia adottata da Guevara permisero la vittoria dei ribelli[43].

Batista, abbandonato dagli Stati Uniti e privato del suo esercito, fuggì con il suo tesoro a Santo Domingo durante la notte del 31 dicembre e lasciò l’isola in mano a una giunta militare che propose inutilmente un armistizio ai ribelli. Il 2 gennaio del 1959, le colonne guidate da Ernesto “Che” Guevara e da Camilo Cienfuegos entravano a l’Avana, esattamente un giorno dopo che Batista aveva abbandonato il Paese. Castro entrò a Santiago proclamando la vittoria della rivoluzione socialista e la possibilità per Cuba di essere artefice del proprio destino, dopo secoli di colonialismo e influenze politiche delle nazioni vicine[44].


Conclusioni

Cuba fu un mito per nazioni sudamericane, grazie alla sua resistenza alla grande nazione capitalista per eccellenza, gli Stati Uniti d’America. La “perla delle Antille”, grazie a delle personalità munite di un gran intelletto, come Ernesto “Che” Guevara e Fidel Castro, sono riuscite a coinvolgere gran parte della popolazione, dai contadini ai borghesi, in una lotta per liberarsi dall’oppressione politica, economica e sociale che perdurava dall’inizio del XX secolo.

I ribelli del Movimento 26 luglio possono essere paragonati ai partigiani italiani. Hanno combattuto per liberare la propria patria da un dittatore che ha calpestato e devastato i diritti dei cittadini. Come accennato nelle righe precedenti, l’isola caraibica ha un vicino ingombrante, gli Stati Uniti, che subito dopo l’instaurazione del regime socialista di Castro applicò l’embargo economico.

L’Assemblea dell’Onu, il 23 giugno 2021, ha sancito l’illegalità dell’embargo economico statunitense nei confronti di Cuba richiedendone la necessaria cessazione. Il risultato della votazione è stato netto: 184 voti per porre fine all’embargo, 3 astensioni (Colombia, Ucraina ed Emirati Arabi Uniti) e 2 soli voti contrari: Usa e Israele[45].

Le misure d’embargo vengono applicate sin dal 1960, a partire dal contesto della Guerra fredda, con la proibizione per le imprese statunitensi di commerciare e negoziare con Cuba, pena forti sanzioni pecuniarie. Suddette misure sono state imposte dagli Stati Uniti, in modo indiretto, agli alleati, attraverso delle pressioni su aziende straniere con forti interessi sul suolo statunitense[46].

Gli effetti dell’embargo si sono intravisti in quest’ultimo scorcio del 2021: le prime manifestazioni di malcontento, acuite dall’aggravarsi della pandemia di Covid, sono iniziate a San Antonio de los Baños, a 30 km circa da l’Avana, e a Palma Soriano nella provincia di Santiago. Si sono poi estese alla capitale con la presenza di migliaia di persone. “Il fattore scatenante è stato quello degli apagones, cioè le interruzioni di energia elettrica della durata anche di 12 ore”[47].

Le condizioni per le famiglie cubane sono disperate: i beni di prima necessità, medicinali, cibo, sono diventate merce rara. Spinta da condizioni di fame e disperazione, la gente si è riversata nelle strade. I cittadini, le famiglie e gli studenti, sono scesi a manifestare in piazza per la propria dignità.

Nonostante ciò, il PCC è riuscito a tenere a galla l’economia cubana, grazie ai rapporti intelaiati con Cina, Russia, Iran e Venezuela. Il settore sanitario riesce a sopperire all’embargo attraverso la produzione di farmaci in loco, grazie ai finanziamenti del governo in ricerca e sviluppo di nuovi vaccini[48].

Tiziano Sestili per www.policlic.it



Note e riferimenti bibliografici

[1] Alla fine del 1509 l’isola caraibica venne conquistata da Diego Velázquez. I conquistadores spagnoli decimarono le popolazioni indigene, compiendo diversi genocidi per motivi prettamente religiosi. Gli spagnoli governarono l’isola caraibica sino al 1762, quando le truppe inglesi conquistarono l’Avana nell’ambito della guerra dei Sette anni. Al termine delle guerre napoleoniche, che avevano avuto come conseguenza indiretta per la Spagna la perdita delle colonie del Centro e Sud America, al governo di Madrid non rimase che riconoscere a Cuba una piena libertà commerciale, favorendo di fatto le relazioni di interscambio tra questa e gli Stati Uniti. Per un approfondimento sul tema, consultare A. Moscati, Breve Storia di Cuba, Datanews editrice, Roma 2006.

[2] L’emendamento Platt prevedeva l’obbligo da parte delle autorità cubane di mantenere in vigore tutte le leggi emanate dal governo di occupazione, di avviare piani di intervento sanitario concordati con Washington e di non firmare trattati con altre nazioni che potessero mettere in pericolo l’indipendenza cubana. A. Trento, Storia illustrata della rivoluzione cubana, Giunti editore, Bologna 2008.

[3] Ivi, pp. 13-14.

[4] A. Moscato, op. cit., p. 47.

[5] Per una breve biografia di Zayas, vedere http://www.latinamericanstudies.org/zayas-bio.htm (ultima consultazione 16-09-2021).

[6] A. Moscato, op, cit., pp. 47-48.

[7] Ivi, p. 48.

[8] Ivi, p. 48.

[9] A. Trento, op. cit., pp. 14-15.

[10] M. Marcora, La Rivoluzione cubana: Passato, presente e futuro, tesi di laurea, (relatore P. L. Bernardini), 2013, p. 22, https://www.academia.edu/4102793/The_Cuban_Revolution_Past_Present_and_Future (ultima consultazione 28/07/2021).

[11] Ivi, pp. 22-23.

[12] Ivi, p. 23.

[13] A. Moscato, op cit., p. 53.

[14] A. Trento, op cit., p. 15.

[15] M. Marcora, op. cit., p. 24.

[16] A. Moscato, op. cit., p. 55.

[17] Ivi, p. 56.

[18] Ivi, p. 57.

[19] M. Marcora, op. cit., p. 24.

[20]  G. Marano, La rivoluzione cubana, p. 3, https://www.academia.edu/31667099/La_rivoluzione_cubana (ultima consultazione 29/07/2021)

[21] Ivi, p. 3.

[22] A. Moscato, op. cit., p. 62.

[23] Ibidem.

[24] Ivi, p. 64.

[25] G. Marano, op. cit., p. 5.

[26] A. Moscato, op. cit., p. 65 e F. Castro, La storia mi assolverà, Datanews, Roma 2007.

[27] M. Marcora, op. cit., pp. 22 e 27.

[28] Ernesto “Che” Guevara, nato a Rosario il 14 giugno 1928, è stato un rivoluzionario, teorico e politico. Si laureò in Medicina a Buenos Aires. Irrequieto, e con un’anima profondamente interessata alla cultura, compì due viaggi in America latina. Nel suo soggiorno in Guatemala assistette alla brusca interruzione di un progetto di governo riformista da parte di una milizia sovvenzionata dagli Stati Uniti. Fu un crocevia fondamentale per la sua formazione politica, tanto che iniziò a sviluppare idee fortemente antimperialiste. Improntato alla difesa dei più deboli, Guevara incontrò in Messico il Movimento M26 di Fidel Castro, con cui entrò subito in sintonia. Partecipò attivamente alla campagna di liberazione di Cuba, di cui in seguito divenne Ministro dell’Industria, carica ricoperta sino al 1965. Dopo il successo della rivoluzione, si recò per ben 3 volte in Unione Sovietica, di cui sviluppò sempre più un’opinione negativa. Scosso da un profondo internazionalismo, cercò di alimentare la rete di contatti nei movimenti di liberazione anticoloniale in Africa e Asia. Nel 1967, alimentato da speranze di liberazione, si recò in Bolivia e aprì un focolaio di guerriglia. Fu l’ultimo anno di vita di Guevara, visto che l’8 ottobre dello stesso anno venne catturato e giustiziato il giorno successivo sul posto. Uomo politico scomodo all’opinione pubblica statunitense, fu sepolto in una località segreta. Le sue spoglie vennero rinvenute solo nel 1997. Oggi sono conservate nel mausoleo a Santa Clara. Per un approfondimento consultare A. Trento, Storia illustrata della rivoluzione cubana, Giunti editore, Bologna 2008, p. 55.

[29] A. Moscato, op. cit., p. 66.

[30] Per approfondire consultare la voce Cardenas Lazaro, in Enciclopedia Treccanihttps://www.treccani.it/enciclopedia/lazaro-cardenas/ (ultima consultazione 04/08/202).

[31] A. Trento, op cit., p. 22.

[32] A. Moscato, op. cit., p. 67.

[33] M. Marcora, op. cit., p. 28.

[34] A. Moscato, op. cit., pp. 68-69.

[35] Per approfondire riguardo all’intervista, consultare il seguente link: https://www.nytimes.com/packages/html/books/matthews/matthews022457.pdf (Ultima consultazione 16-09-2021)

[36]  A. Moscato, op. cit., p. 69.

[37] M. Marcora, op. cit., p. 30.

[38] Ivi, p. 31.

[39] Ibidem.

[40] Per approfondimento sulla nascita di “Radio Rebelde”, seguire il link: http://www.cubainformazione.it/?p=21510.

[41] Camilo Cienfuegos, “l’eroe sorridente”, come lo chiamava la sua gente, è nato nel febbraio del 1932 a L’Avana, nel quartiere di Jesús del Monte. Da giovane ha seguito la strada delineata da suoi familiari, lavorando come apprendista sarto in una bottega locale. Emigrò negli Stati Uniti per un breve periodo, in cerca di un lavoro migliore. Una volta rientrato in patria, raggiunse Fidel e il Movimento M26 in Messico, dove progettarono la liberazione di Cuba. Cienfuegos viene ricordato da Guevara come uno dei comandanti più arditi e intransigenti della rivoluzione. L’apporto dell’”eroe sorridente” fu determinante ai fini della liberazione cubana: con le sue truppe riuscì a conquistare l’avamposto di Yaguajay dopo due anni di lotta sul fronte della Sierra Maestra. Vittoria che aprì la strada all’entrata trionfante dei barbudos a l’Avana. Nella notte del 28 ottobre 1959, l’aereo su cui si trovava scomparve in circostanze misteriose e il suo corpo non venne mai ritrovato. Cienfuegos fu mandato a Camuguey per sedare la controrivoluzione e arrestare il dissidente Hubert Matos. Per un ulteriore approfondimento seguire il link: https://www.ilgiornale.it/news/cultura/camilo-cienfuegos-l-altro-che-dimenticato-dai-rivoluzionari-1189365.html.

[42] A. Moscato, op. cit., p. 74.

[43] A. Moscato, op. cit., p. 75.

[44] A. Trento, op cit., p. 24.

[45] D. Battistessa, Embargo Cuba, Onu: “Il blocco economico Usa vìola i diritti umani”, in https://www.osservatoriodiritti.it/2021/07/16/embargo-cuba-cose-oggi-significato-riassunto-storia-onu/. (ultima consultazione 15/09/2021).

[46] Ibidem.

[47] F. Bacchetta, Cuba esplode in proteste sotto pressione tra oligarchia ed embargo, 2021,
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/07/24/cuba-il-castrismo-ha-le-sue-colpe-ma-le-proteste-dipendono-soprattutto-dellembargo-usa/6271129/ (ultima consultazione 06/08/2021).

[48] D. Battistessa, op. cit.

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