La città nei videogames

La città nei videogames

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La città ha sempre avuto uno spazio cruciale nei videogiochi, sin dalla prima generazione che permetteva l’esplorazione delle tre dimensioni. All’inizio degli anni 2000, infatti, tra le varie case produttrici sembrò iniziare una gara per la creazione del migliore ambiente di gioco che diede origine a diverse possibilità: luoghi completamente inventati come Silent Hill (1999), città verosimili a partire da una controparte reale come Vice City[1] (2002), oppure ambientazioni realmente esistenti ma in un’epoca diversa come la post-apocalittica Washington in Fallout 3 (2008).

In realtà sembra ormai assodato che non si ritenesse possibile attrarre il grande pubblico tramite videogiochi ambientati in uno spazio-tempo reale e immediatamente riconoscibile. A tal proposito basti ricordare il rivoluzionario GTA San Andreas (2004), che modificò chiaramente le linee guida della sua serie di appartenenza – Grand Theft Auto, appunto – con una mappa composta da una vasta serie di ambienti (deserti, colline, fiumi e addirittura una base militare) e ben tre città, nessuna delle quali era prettamente veritiera in quanto traeva solo ispirazione dalle corrispettive versioni reali: la videoludica Los Santos ricordava Los Angeles, San Fierro era la brutta copia di San Francisco e Las Venturas era una Las Vegas riuscita un pochino meglio della precedente. I videogiochi cambiarono decisamente registro con l’avvento di una nuova saga, tecnicamente spin off del celebre Prince of Persia ma in realtà assolutamente autonoma e dirompente: Assassin’s Creed.


La genesi di Assassin’s Creed

Ubisoft, la casa francese che produce la saga, ha coinvolto nella stesura del primo Assassin’s Creed un team di storici che hanno preso le mosse dalle lotte in Terra Santa al tempo della prima crociata e dal ruolo che vi ebbe la vera confraternita di Masyaf, che compiva omicidi politici a scopi destabilizzanti: i Nizariti (che esistono ancora oggi come pacifico ramo dell’Islam ismailita) avevano adepti che prima di agire assumevano hashish, da cui la parola italiana “assassino”.

La trama alla base di ogni videogioco della saga, che conta ben 12 capitoli principali[2], è rimasta sempre la stessa: grazie a un macchinario una società americana è riuscita a far rivivere i “ricordi genetici” dei propri antenati a un ristretto gruppo di persone accomunate da un certo genoma. In pratica il soggetto viene collegato alla macchina (denominata “Animus”) e si ritrova a vivere le avventure dei propri antenati: nella finzione videoludica il protagonista “assiste” agli eventi mentre nella realtà il giocatore li plasma vivendoli in prima persona[3]. Al centro vi è la lotta eterna tra le due fazioni degli Antichi e degli Occulti, diventati verso l’anno Mille rispettivamente l’Ordine dei Templari (votato al controllo del genere umano) e la Confraternita degli Assassini (che si batte per il libero arbitrio).

La trama della serie offre quindi una duplice possibilità: da un lato la tecnologia dell’Animus permette a Ubisoft di ricreare ambientazioni realistiche, dall’altro il conflitto infinito tra Assassini e Templari può essere ambientato in ogni tempo e permette di far interagire il giocatore con grandi personaggi della storia.


Le prime ricostruzioni cittadine

Il primo Assassin’s Creed è ambientato in Palestina nel 1190, al tempo della Terza Crociata. Le città esplorabili sono Acri, Damasco e Gerusalemme, con una distinzione netta tra le prime due, roccaforti rispettivamente di cristiani e musulmani, e la terza che invece è perennemente contesa. Quello che emerse ormai più di dieci anni fa era tuttavia un modo completamente diverso dal passato di intendere la città quale ambiente videoludico: la ricostruzione era accurata e realistica nonostante i limiti della vecchia generazione di console, visibili sostanzialmente solo nella quarta località esplorabile, la minuscola e lineare strada che univa le città. In realtà l’unico luogo veramente proporzionato era Masyaf: la sede della Confraternita era molto piccola e quindi aveva la possibilità di sfruttare la memoria grafica delle console “in verticale” e non nella sua estensione complessiva.

Il problema delle proporzioni verrà mantenuto nel successore, Assassin’s Creed II, unanimemente considerato un capolavoro nel mondo dei videogiochi: l’ambientazione è completamente italiana in quanto il protagonista, Ezio Auditore, è nato e cresciuto a Firenze alla fine del Quattrocento. Le vicissitudini del giovane lo porteranno a girovagare in tutta Italia per giustiziare gli organizzatori della Congiura dei Pazzi (che ovviamente si riveleranno tutti templari), con la possibilità di visitare San Gimignano, Forlì e soprattutto la splendida Venezia. La Serenissima e Firenze rappresentano due gioielli rinascimentali che Ubisoft ha permesso di svelare ma non appieno, sempre a causa del problema delle proporzioni: nonostante le due città siano abbastanza “piccole” per gli standard videoludici attuali, Ezio può scalare il campanile di San Marco oppure Palazzo della Signoria in un tempo troppo breve rispetto a quanto realmente si potrebbe fare. La causa è riscontrabile nella necessità di ridurre la scala di ogni monumento a 1:2 per questioni grafiche, ma con una magnifica eccezione: Monteriggioni. Per puro caso, infatti, due membri di Ubisoft Milano passarono dal borgo medievale a pochi passi da Siena e ne trassero immediatamente ispirazione per una delle location più famose della serie[4]. Nel castello[5] infatti la casa francese ambientò l’immaginaria Villa Auditore e la ricostruzione della cittadina è assolutamente dettagliata, come si può notare dalla chiesetta che realmente si trova nella piazza principale.

Ciò che però ha offerto Assassin’s Creed II è la bellezza e la potenza visiva delle ambientazioni italiane nel loro massimo splendore rinascimentale, che trassero nuova forza da una certa proporzionalità nel capitolo successivo. Assassin’s Creed Brotherood è ambientato pochi anni dopo il predecessore, all’inizio del Cinquecento, e offre la prima grande novità: la mappa di gioco è costituita dalla sola città di Roma, cosa che ne ha permesso una ricostruzione particolareggiata e realistica. Visivamente impeccabile è il Pantheon e storicamente accurata è piazza San Pietro con la Basilica in costruzione, ma sono rimarchevoli anche le lunghe scalate sul Colosseo e fino alla cima di Castel Sant’Angelo. In realtà il monumento più dettagliato è proprio il Mausoleo di Adriano, che nonostante i limiti tecnici dell’epoca è riprodotto abbastanza fedelmente sia nei vari livelli esterni che nei freddi e desolati interni.

Lo stesso schema di base verrà seguito l’anno seguente per Assassin’s Creed Revelations, ambientato nel 1511 nella sola Costantinopoli, ma verrà successivamente abbandonato per i capitoli “americani” del franchise. Assassin’s Creed III, Assassin’s Creed IV Black Flag e Assassin’s Creed Rogue hanno infatti un ambiente di gioco misto: il primo è ambientato a Boston e New York negli anni della Rivoluzione americana, il secondo nei Caraibi nell’età d’oro della pirateria (1715), mentre il terzo ha un’ambientazione prettamente navale con una piccola New York durante la Guerra dei sette anni. Le ricostruzioni delle città sono abbastanza anonime, nonostante la presenza di luoghi iconici come l’Albero della Libertà, ma è proprio la diversità delle mappe di gioco che ha impedito la rappresentazione di centri cittadini fedeli alle controparti reali, in quanto Ubisoft privilegiò la creazione di un ambiente vario e sviluppato in vastità piuttosto che dettagliato nei suoi particolari.

Va da sé che per il quarto e il quinto capitolo della serie un’immensa mappa di gioco composta principalmente di ambienti acquatici portò a ridimensionare notevolmente il peso delle città e dei vari insediamenti, che sono molti e anche ben caratterizzati nelle varie dominazioni coloniali, ma che in fin dei conti rappresentano solo il corollario di una trama che sa puramente di avventura.


La svolta con Parigi e Londra

 Si dovette aspettare la nuova generazione di console per arrivare a una ricostruzione cittadina completamente realistica. Assassin’s Creed Unity portò infatti alla luce un nuovo modo di intendere la città con la Parigi rivoluzionaria completamente esplorabile e finalmente proporzionata alla realtà. Fu questo il grande vanto di Ubisoft, che ridisegnò completamente la capitale francese in scala 1:1, tanto da ambientare la sede degli Assassini in un anonimo e immaginario covo sotterraneo. Famosa è la ricostruzione di Notre-Dame, trasformata dalla Rivoluzione in un luogo per la condivisione delle nuove idee politiche, con la licenza videoludica della presenza della guglia – costruita nel 1864 e andata in fumo nell’aprile del 2019 – che Ubisoft volle inserire semplicemente perché elemento riconoscibile del monumento. Dopo l’incendio, l’azienda dichiarò pubblicamente che avrebbe donato 500.000 euro per i lavori di restaurazione e messo a disposizione la sua esperienza, il che fa comprendere a che punto sia arrivata la fase di progettazione videoludica e che mole di lavoro può comportare.

La ricostruzione di Parigi rimane la più accurata dell’intera serie insieme a quella della Londra vittoriana di Assassin’s Creed Syndicate. Il pregio storico e il difetto ludico di quest’ultima è l’atmosfera soffocante della rivoluzione industriale e delle alte ciminiere che si innalzano sul Tamigi. Stranamente – ma non poteva essere altrimenti – l’elemento più caratteristico della città sono le nuovissime stazioni ferroviarie, che trasmettono completamente l’atmosfera positivista del periodo, con una fiducia cieca nei progressi della scienza e della tecnica. La ricostruzione cittadina viene pervasa da un senso di pienezza che diviene quasi eccessiva e opprimente nel suo realismo, e sembra questa la ragione che ha portato Ubisoft a rivedere completamente le ambientazioni della saga: non più singole città ricostruite al dettaglio ma intere nazioni, con annesso nuovamente il problema delle proporzioni.


Dalla città alla nazione

 Con la trilogia Origins, Odyssey e Valhalla gli autori di Assassin’s Creed ci portano nell’Egitto di Cleopatra, nella Grecia della Guerra del Peloponneso e nell’Inghilterra degli scontri tra Sassoni e Vichinghi dell’873. I monumenti e i luoghi più importanti sono ancora copie pressoché fedeli dei corrispettivi reali (sebbene non perfettamente in proporzione), ma ciò che più emerge è la marcata differenziazione culturale tra i vari ambienti cittadini del gioco. In Egitto infatti c’è una grande diversità tra centri prettamente greci (Alessandria), romani (Cirene) ed egiziani (Luxor), così come in Valhalla si nota enormemente la differenza tra la Norvegia pagana e l’Inghilterra cristiana. Peculiare è ovviamente il caso della Grecia, dove la stessa uniforme cultura non ha permesso un’ampia diversificazione se non per le diversità dei ruderi minoici di Creta.

Se in Origins la vastità del deserto e del Nilo impedivano di scorgere problemi di proporzioni, in Odyssey le monumentali ricostruzioni di Sparta e Atene soffrono di una compattezza forse troppo accentuata per non essere rilevata dal giocatore. Ed è forse questo mancato senso della dimensione ad aver reso celebre – e probabilmente autoironica per Ubisoft – l’unica battuta che Bayek di Siwa pronuncia nella piana di Giza: “La Grande Sfinge? Non è poi tanto grande”.

Al di là di tale questione di fondo, nella serie rimane la possibilità quantomeno unica nel mondo videoludico di esplorare luoghi di fondamentale importanza per la storia dell’umanità nello stato peculiare in cui erano in un determinato momento storico: la Spianata delle Moschee negli anni delle Crociate; le città italiane del Rinascimento; la Roma dei Borgia; Costantinopoli poco prima dell’ascesa di Solimano il Magnifico; i luoghi iconici della Rivoluzione americana; le piantagioni schiavistiche in America Centrale e Settentrionale nel Settecento; la ghigliottina nella futura Place de la Concorde; la Torre di Londra nell’epoca vittoriana; le piramidi, la Biblioteca e il Faro di Alessandria alla fine dell’epoca tolemaica; le città greche nel pieno splendore della civiltà ellenica; l’Inghilterra dei Sassoni.

Per tali capitoli della serie la ricostruzione è tanto dettagliata da aver portato Ubisoft a rilasciare il “Discovery Tour”, ovvero la possibilità di esplorare liberamente la mappa di gioco interagendo con l’ambiente per avere informazioni dettagliate e accompagnate da documenti storici su città, monumenti o episodi di vita quotidiana, a cui si assiste in prima persona. Dal videogioco di intrattenimento si è quindi passati a una nuova possibilità di studio e informazione, segno delle potenzialità insite nella rappresentazione virtuale dell’ambiente di gioco della saga di Assassin’s Creed.


Un’esperienza storica coinvolgente

 Giudicare un videogioco con gli occhi dello storico può essere fuorviante, ma ogni capitolo della saga di Assassin’s Creed è riuscito a restituire degnamente l’atmosfera di quella determinata epoca in cui è stato collocato. Ovviamente, al di là delle finzioni dovute alla trama, il limite principale è quello di guardare alle varie vicende con occhio prettamente occidentale, anche se aperto alla pluralità: tutti gli episodi della serie si aprono con una dicitura in cui si legge come il team che ha lavorato alla produzione sia assolutamente multiculturale. L’impostazione complessiva è tale che il videogiocatore più attento riesce ad andare oltre ciò che vede sullo schermo per comprendere i difetti di ogni epoca storica rappresentata.

Ciò vale soprattutto per i capitoli in cui è presente la schiavitù coloniale, in cui i protagonisti cercano di comprendere le motivazioni che hanno portato all’imposizione di tale barbarie sulle popolazioni locali: l’unica espansione di Assassin’s Creed IV ricorda l’epopea degli schiavi ribelli Maroon ad Haiti nel 1735 e le terribili sofferenze nelle piantagioni di canna da zucchero dove erano costretti a vivere prima della rivolta. Va ricordato inoltre che il protagonista di Assassin’s Creed III non è un bianco ma un meticcio di etnia Kanien’kehá:ka di nome Ratonhnhaké:ton, che prenderà quello di Connor per superare il razzismo dei coloni britannici al cui fianco combatterà nel nome della libertà, trovando infine le terre del suo popolo espropriate e vendute per ripagare i debiti di guerra. Infine, la protagonista di Assassin’s Creed Liberation, coevo al precedente ma ambientato in Louisiana, è Aveline de Grandpré, nata da una relazione tra un ricco possidente terriero e una delle sue schiave (poi liberata per amore) e cresciuta da una matrigna che si batte per la fine della schiavitù: si scoprirà che quest’ultima è però una templare, segno che anche gli scopi più nobili possono essere perseguiti per motivi praticamente opposti.

Delle varie epoche storiche, pertanto, la saga non presenta mai una versione edulcorata e romanzata, ma una nuda e spietata realtà che porta il giocatore a interrogarsi su ciò che vede e a indagare gli eventi tramite il fornitissimo menu di informazioni storiche che, seppure nella finzione del videogioco, si sforza di far comprendere quali parti della vicenda siano veritiere e quali inventate per collocarsi all’interno della lotta eterna tra Assassini e Templari. Tale sforzo comunicativo non sarebbe stato possibile senza le accurate ricostruzioni degli ambienti di gioco in una maniera praticamente unica nel mondo videoludico. Esse sono lo sfondo necessario alla narrazione delle vicende che vengono raccontate con tutte le loro naturali contraddizioni e che permettono al giocatore di sentirsi al centro degli eventi, rendendolo il vero protagonista che riesce a “vivere” la Storia.

Christian Carnevale per www.policlic.it


Note e riferimenti bibliografici

[1] Ispirata a Miami.

[2] Assassin’s Creed (2007), Assassin’s Creed II (2009), Assassin’s Creed Brotherhood (2010), Assassin’s Creed: Revelations (2011), Assassin’s Creed III (2012), Assassin’s Creed IV: Black Flag (2013), Assassin’s Creed: Rogue (2014), Assassin’s Creed: Unity (2014), Assassin’s Creed: Syndicate (2015), Assassin’s Creed: Origins (2017), Assassin’s Creed: Odyssey (2018), Assassin’s Creed: Valhalla (2020).

[3] Tecnicamente ogni Assassin’s Creed è in “terza persona”: il videogiocatore manovra un personaggio con una visuale alle spalle, mentre nei videogiochi “in prima persona” il protagonista non è visibile in quanto si guarda il mondo attraverso i suoi occhi.

[4] La storia è molto famosa a Monteriggioni: l’info point del castello ne ha traccia e l’addetta l’ha raccontata all’autore. Oggi la città è molto frequentata proprio grazie ad Assassin’s Creed e sono molti coloro che chiedono della “famiglia Auditore” senza immaginare che in realtà non è mai esistita.

[5] Il “castello” è, nella realtà, la Monteriggioni videoludica: la città moderna è qualche chilometro più lontana.

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