La rivoluzione di Wilson nella politica internazionale

La rivoluzione di Wilson nella politica internazionale

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La Rivoluzione d’ottobre portò alla nascita del primo Stato socialista al mondo, segnando l’inizio di un periodo complicato della storia russa che avrebbe condotto l’Unione Sovietica ad assurgere a superpotenza mondiale. Raramente si ricorda che fu proprio l’URSS a determinare, in un certo qual modo, la nascita e la morte di uno tra i primi grandi esperimenti di portata globale nella politica internazionale: la Società delle Nazioni.


Il ruolo della Rivoluzione d’ottobre nella nascita del sentimento societario

La presa del potere da parte dei bolscevichi fu accompagnata da una volontà di cambiamento radicale rispetto al passato, la quale portò i rivoluzionari a rendere noti tutti i trattati segreti che il regime zarista aveva sottoscritto con i governi stranieri. Tra questi vi era il Patto di Londra, firmato dall’Italia il 26 aprile 1915 in vista del suo ingresso nella Prima guerra mondiale: la Russia dello zar Nicola II[1] non aveva garantito agli italiani l’annessione della costa adriatica tra Sebenico e Zara – come invece avevano promesso Francia e Gran Bretagna – in quanto abitata da una popolazione prevalentemente di etnia slava.

La segretezza del Patto di Londra non era una novità nel panorama internazionale (anzi, la sua natura riservata costituiva la norma negli accordi tra Stati), ma va ricordato che l’Intesa stava garantendo all’Italia qualcosa di cui non deteneva il controllo con il fine di portarla a tradire la Triplice alleanza, che esisteva ormai da oltre trent’anni. Nonostante fosse sottoposta a una rigida censura a causa del conflitto, l’opinione pubblica europea fu scossa dalla rivelazione di questo e di vari altri trattati segreti. Ciò in parte spiega la positiva accoglienza che in seguito avrebbe ricevuto l’opera di Wilson[2].


Wilson e i Quattordici Punti

Woodrow Wilson. Fonte: Wikimedia Commons

Woodrow Wilson era presidente degli Stati Uniti dal 4 marzo 1913. Accademico ed esponente del Partito Democratico, coinvolse il proprio Paese nella Grande Guerra a causa dell’attacco tedesco a uno dei princìpi cardine della politica americana, ossia la libertà di commercio sui mari. Gli USA, tuttavia, non furono mai formalmente “alleati” dell’Intesa ma solo una potenza “associata” ai suoi obiettivi.

Prima di entrare nel conflitto, Wilson diede voce a varie tendenze dell’opinione pubblica americana (e britannica) favorevoli alla nascita di una League of Nations che evitasse in futuro lo spargimento di sangue a cui si stava assistendo in Europa[3]. Il Presidente si impegnò pubblicamente a favore di tale idea nel maggio del 1916, durante un incontro di piazza a Washington; ma in quel periodo, prima che si spostassero su posizioni isolazioniste, anche i repubblicani erano favorevoli alla formazione di una “lega internazionale”[4].

Nel settembre del 1917 una commissione ad hoc, la cosiddetta Inquiry guidata da Walter Lippmann, produsse un documento reso noto da Wilson nel discorso al Congresso dell’8 gennaio 1918. I cosiddetti Quattordici Punti si aprivano con la difesa della pubblicazione dei trattati e si chiudevano con la proposta di creare la Società delle Nazioni: la volontà di cambiamento non poteva essere più netta. I belligeranti accettarono gradualmente la dichiarazione di Wilson, tanto che Germania e Austria-Ungheria utilizzarono i Quattordici Punti come base di trattativa per la richiesta di armistizio[5].


La Conferenza di Pace di Parigi e la stesura del Covenant

La fine della Prima guerra mondiale si accompagnò a una messe di speranze, incarnata dai vari progetti che molti intellettuali e politici presentarono per la creazione della Società delle Nazioni; quello più importante fu descritto nel libello The League of Nations: a practical suggestion, opera del generale sudafricano Jan Smuts. I lavori per la creazione di una “costituzione” della Società delle Nazioni furono affidati a due commissioni di esperti, e vi contribuì lo stesso Wilson, arrivato trionfalmente in Europa il 13 dicembre 1918. Il presidente americano decise di affrontare le problematiche inerenti al nuovo organismo nella Conferenza di Pace che si aprì a Parigi, comprendendo poco dopo che le inevitabili imperfezioni che i trattati avrebbero contenuto sarebbero state corrette dall’operato della Società delle Nazioni. Tale idea comportò l’inserimento dello statuto societario in tutti i trattati di pace, ponendo in tal modo le basi per una collaborazione di tutti i Paesi con il nuovo organismo.

La stesura del Covenant della Società delle Nazioni fu lunga e articolata; terminò solo a metà del 1919, con la bocciatura di una proposta del Giappone per l’inserimento di una clausola di uguaglianza tra tutte le nazioni. La prima parte del Covenant conteneva aspetti prettamente giurisprudenziali inerenti all’ammissione dei Paesi nella Lega e alla creazione dei due organi denominati Consiglio e Assemblea. In quest’ultima sedevano tutti gli Stati membri; nel primo, invece, le cinque potenze mondiali avevano un seggio permanente, mentre gli altri Paesi potevano essere eletti per un mandato triennale – ma in entrambi i consessi sarebbe stata mantenuta la regola dell’unanimità[6].

Nello statuto, inoltre, si contemplavano misure che rendessero impossibile il ricorso alla guerra. La missione principale della Società delle Nazioni era infatti quella di evitare lo scatenamento di qualsiasi tipo di conflitto, imponendo agli Stati membri di discutere negli organi societari qualsiasi controversia vi fosse tra di loro. In base all’articolo 10, infatti, i firmatari dovevano rispettare l’integrità territoriale e l’indipendenza di qualsiasi altro Paese, mentre l’articolo 16 imponeva sanzioni economiche e militari contro un aggressore, disponendo che un attacco a uno solo degli Stati membri poneva tutti gli altri in stato di guerra contro la nazione che aveva violato il Covenant. Tali disposizioni furono tuttavia ridimensionate nel 1921 da alcune decisioni dell’Assemblea, che le rendevano dipendenti dalla volontà dei singoli Stati e non più obbligatorie[7].


Il mancato ingresso degli Stati Uniti

La Società delle Nazioni divenne ufficialmente un organismo internazionale il 10 gennaio 1920, data in cui entrò in vigore il Trattato di Versailles, che sanciva la pace tra la Germania e le potenze dell’Intesa. All’inizio aderirono trentadue paesi, tra cui tredici che durante la guerra erano rimasti neutrali. L’attesa era tutta per gli Stati Uniti, che entrando nell’organizzazione l’avrebbero resa completamente efficiente.

Wilson, tuttavia, aveva commesso degli errori tattici che avrebbero cambiato il corso della storia del mondo e della Lega. Nella campagna elettorale per le elezioni di mid-term del 1918, il Presidente aveva fatto appello al Paese affinché gli consegnasse una solida maggioranza democratica sia alla Camera che al Senato, così da poter meglio imporre le sue condizioni alla Conferenza di Parigi. Il risentimento che questo gesto provocò nei repubblicani accese il dibattito pubblico e portò i democratici a capitolare su tutta la linea: la risicata maggioranza repubblicana ottenuta nei due rami del Congresso fu accompagnata dal solido controllo che gli isolazionisti avevano sul Senate Foreign Relations Committee, guidato da Henry Cabot Lodge. Questi mise in campo una tattica ostruzionistica per evitare la ratifica del Trattato di Versailles, sebbene vari esponenti del suo partito (come Hoover e Kellogg) fossero favorevoli all’ingresso nella Società delle Nazioni. Il 19 novembre 1919 il Senato votò contro l’adozione del trattato e quindi anche del Covenant. Nonostante vi fossero alcune speranze di ribaltare il verdetto nei primi mesi del 1920, gli Stati Uniti non aderirono alla Società delle Nazioni. Il futuro politico di Wilson era ormai segnato e a rendere critica la sua situazione contribuì anche un ictus che lo aveva colpito solo due settimane prima. Sopravvissuto, ma ormai incapace di svolgere l’incarico pubblico, morirà nel 1924[8].


I successi della Società delle Nazioni

La Società delle Nazioni, stabilitasi a Ginevra, fu quindi menomata sin dall’inizio dalla mancata partecipazione degli Stati Uniti, i quali per anni rifiutarono anche di inviare esperti ai comitati tecnici. Ciononostante, la Lega ebbe un grandissimo successo nei suoi primi anni e adottò varie riforme che la portarono a una piena stabilizzazione entro la fine degli anni Trenta. La Germania divenne uno Stato membro dopo la firma dei Trattati di Locarno[9], ottenendo anche un seggio permanente nel Consiglio così da porsi su un piede di parità con gli altri membri, ovvero Italia, Francia, Gran Bretagna e Giappone. Nello stesso organo erano però rappresentate tutte le anime della Lega, in quanto i seggi elettivi andavano solitamente alla Polonia (contraltare della Germania), alla Spagna, a uno Stato asiatico (solitamente la Cina)[10], a un membro della Piccola Intesa[11], a un Paese neutrale[12] e a un dominion del Commonwealth; si sarebbe aggiunto in seguito un seggio per i Paesi senza alcuna affiliazione (come il Portogallo).

La Società delle Nazioni si occupò della pubblicazione dei trattati sottoscritti tra i vari Paesi e rese pubbliche tutte le decisioni concernenti la pace mondiale, cosa che portò a un inizio pieno di speranze. La Lega risolse con successo la disputa tra Svezia e Finlandia per le isole Aaland; compose senza problemi la difficile questione della divisione dell’Alta Slesia tra Polonia e Germania; evitò lo scoppio di una guerra tra Grecia e Bulgaria dopo una vera e propria invasione dell’esercito greco; mediò con successo l’assegnazione della regione di Mossul all’Iraq e non alla Turchia[13]. La Società delle Nazioni si curò dei diritti delle minoranze, della promozione di quelli della donna e dell’abolizione della schiavitù. La Lega, inoltre, considerò in qualche modo superato il vecchio concetto di colonialismo: sebbene il Covenant assegnasse a Francia, Gran Bretagna e Giappone i territori extraeuropei dell’Impero Tedesco e quelli arabi dell’Impero Ottomano, le potenze non esercitavano un dominio diretto ma operavano tramite mandato, dovendo produrre una relazione annuale sugli sforzi compiuti per avvicinare quelle popolazioni a un’effettiva indipendenza.


Il fallimento della Lega

Fu la Grande Depressione a cambiare il panorama internazionale. La Società delle Nazioni aveva infatti iniziato a organizzare una collaborazione economica su larga scala che venne totalmente meno con la crisi del 1929, quando furono nuovamente innalzate le barriere doganali da poco abolite grazie agli sforzi di Ginevra. La crescita dei nazionalismi portò a una corsa al riarmo che fece fallire uno degli obiettivi cardine dell’organizzazione, ovvero la stipula di un trattato internazionale volto a raggiungere un effettivo disarmo riducendo al minimo gli armamenti[14].

Uno dei primi effetti del nuovo panorama mondiale fu la crisi della Manciuria, scoppiata nel 1931, che in poco tempo portò il Giappone a invadere la regione e a insediarvi lo stato fantoccio del Manciukuò[15]. La Società delle Nazioni si dimostrò completamente incapace di reagire e i suoi lunghi e laboriosi procedimenti si rivelarono completamente insufficienti a organizzare una risposta comune. In seguito al risultato di una commissione di inchiesta sull’accaduto, il Giappone uscì dalla Società delle Nazioni[16]. Era il 1933 e Hitler era appena giunto al potere; alla fine dell’anno anche la Germania si ritirò dalla Lega, poiché la Conferenza sul Disarmo aveva “fallito” nel venire incontro alle richieste tedesche sulla parità dei diritti in tema di armamenti[17]. Questo, a sua volta, portò all’ingresso dell’Unione Sovietica nella Società delle Nazioni, affinché facesse da contraltare alla politica nazista in Europa[18].

Il vero colpo mortale alla Lega, però, fu dato dall’Italia. Il disprezzo di Mussolini verso l’istituto societario portò il duce a non riconoscere mai pienamente a Ginevra l’autorità di mediare nella disputa italo-etiopica[19]. La guerra di Etiopia scoppiò il 3 ottobre 1935, con l’invasione italiana del grande impero africano, nonostante fino a due settimane prima la Società delle Nazioni proponesse all’Italia di partecipare attivamente allo sviluppo e alla “civilizzazione” del Paese, venendo così incontro ai tanto declamati obiettivi del regime fascista. La Lega dichiarò immediatamente l’Italia Paese aggressore e, per la prima volta, fece scattare il meccanismo di sicurezza collettiva dell’articolo 10 del Covenant, imponendo delle sanzioni in base all’articolo 16. Tuttavia, nessun Paese, tranne la Gran Bretagna, volle tagliare quasi del tutto le relazioni economiche con Roma. L’Italia, pertanto, soffrì un danno non indifferente ma comunque insufficiente a impedirle di proseguire il conflitto.

La proclamazione dell’Impero da parte di Mussolini il 9 maggio 1936 comportò l’annessione di uno Stato membro della Società delle Nazioni all’impero coloniale italiano. A Ginevra l’umiliazione fu immensa: dopo l’abolizione delle sanzioni, iniziò un lento processo di dissoluzione in cui i vari Paesi si resero sempre più autonomi dalla Lega. L’Italia ne sarebbe uscita alla fine del 1937 e nel giro di due anni l’Europa sarebbe andata a ferro e fuoco.

La Società delle Nazioni ebbe un sussulto d’orgoglio nel dicembre del 1939, quando, su richiesta della Finlandia, procedette all’espulsione dell’Unione Sovietica, che aveva appena invaso il Paese scandinavo. Tale decisione fu voluta principalmente dal segretario generale Avenol, fervente anticomunista, e rappresentò il canto del cigno dell’organizzazione: precluse infatti alla Lega la possibilità di intervenire durante il conflitto o di avere un qualche tipo di futuro dopo la guerra. La sua fine venne sancita anche dall’odio che tale gesto suscitò a Mosca, in quanto l’Unione Sovietica rifiutò di mettere nuovamente piede a Ginevra: dopo aver indirettamente determinato la nascita della Società delle Nazioni, allo stesso modo l’URSS ne determinò la morte[20].


L’eredità della Società delle Nazioni

La Società delle Nazioni venne sciolta nell’aprile del 1946, ma la sua eredità è sopravvissuta: molte delle sue istituzioni passarono all’Organizzazione delle Nazioni Unite – tra cui il nucleo di quella che sarebbe diventata in seguito l’Organizzazione Mondiale della Sanità – e oggi il magnifico Palais des Nations di Ginevra ospita gli uffici dell’ONU.

Il sogno di Wilson morì tra le fiamme della Seconda guerra mondiale, ma rinacque poco dopo la sua conclusione. Le idee rivoluzionarie sposate dal presidente americano riuscirono a salvare innumerevoli vite e a dare forma a un panorama internazionale completamente diverso dal passato, nonostante le crisi che ciclicamente si sarebbero ripresentate: se il mondo di oggi è aperto al multilateralismo e al dialogo, questo è anche merito dell’operato della Società delle Nazioni.

Christian Carnevale per www.policlic.it


Riferimenti bibliografici

[1] Venne fucilato insieme a tutta la sua famiglia nel 1918 a Ekaterinburg ed oggi è considerato martire dalla Chiesa Ortodossa in quanto ucciso in odio alla fede.

[2] L. Sondhaus, Prima guerra mondiale. Una rivoluzione globale, Einaudi, Torino 2014.

[3] Si tenga presente, però, che si combatteva anche nelle colonie tedesche in Africa e Asia.

[4] F.P. Walters, A History of the League of Nations, Oxford University Press, Oxford 1952, pp. 15-23. L’opera di Walters, in due volumi, è ancora oggi la migliore storia della Società delle Nazioni mai scritta.

[5] F.P. Walters, op. cit., p. 24.

[6] Ivi, pp. 40-64.

[7] Ivi, p. 150.

[8] F.P. Walters, op. cit., pp. 66-74.

[9] Avrebbe aderito nel 1926.

[10] Aderivano in quel momento alla Società delle Nazioni anche Persia e Siam, mentre l’Afghanistan vi sarebbe entrato nel 1934.

[11] Cecoslovacchia, Jugoslavia e Romania.

[12] Former European Neutrals, ovvero i Paesi rimasti neutrali durante la Prima guerra mondiale.

[13] F.P. Walters, op. cit., pp. 98-315.

[14] Ivi, pp. 423-434.

[15] La grafia usata nella storiografia anglofona è Manchukuo.

[16] F.P. Walters, op. cit., pp. 465-499.

[17] Ivi, pp. 541-555.

[18] Ivi, pp. 579-585.

[19] G. Baer, La guerra italo-etiopica e la crisi dell’equilibrio europeo, Laterza, Bari 1970.

[20] J. Barros, Betrayal from Within: Joseph Avenol, Secretary-General of the League of Nations, 1933-1940, Yale University Press, New Haven 1969, p. 205.

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