Tap: la vera faccia della protesta

Tap: la vera faccia della protesta

Paolo Gentiloni: “il Governo deve tener conto anche delle ragioni più locali che possono ingenerarsi quando ci sono delle grandi operazioni”

Dopo aver analizzato insieme le molteplici problematiche (politico-amministrative) e le innumerevoli criticità (impatto ambientale e socio-economico) legate all’infrastruttura Tap sorge spontanea una domanda: come hanno reagito i cittadini a quest’opera inutile e dannosa? Quali provvedimenti hanno deciso di adottare per contrastarla?

La nascita del Comitato No Tap e l’inizio della protesta

All’inizio del 2011 l’associazione melendugnese “Tramontana” si accorse che negli archivi comunali erano presenti delle documentazioni in merito alla costruzione di un gasdotto, in principio passante sopra ad un museo a cielo aperto ad Acquarica di Lecce e successivamente modificato a causa della presenza di questo luogo di interesse storico-culturale.

Nel febbraio 2012, presso l’aula convegni della scuola media di Melendugno, una folla numerosa partecipò alla prima (ed unica) presentazione del progetto. Nel malcontento generale, a causa di un progetto pericoloso e impattante, un primo nucleo di “curiosi” iniziò a riunirsi nel tempo libero con l’obiettivo di trarre quante più informazioni possibili in merito a quest’opera ancora sconosciuta. Nasceva, così, il Comitato No Tap.

Inizialmente costituito da pochi membri e via via aumentando sempre di più, il Movimento ha svolto in questi anni un eccellente e capillare lavoro di lotta e, soprattutto, di informazione. Quest’ultima, infatti, può essere considerata come “l’arma” principale della pacifica protesta salentina: basti pensare che fin dai primi momenti (e ancora oggi) sono stati organizzati innumerevoli eventi informativi circa l’intero progetto e tutti i suoi aspetti (negativi) sia in Salento che nel resto della Nazione, oltre a stabilire contatti con importanti associazioni come “Re:Common” o “Platform”)

Parallelamente al Movimento, la protesta ovviamente viene condotta anche sul piano politico e amministrativo dalle istituzioni locali (che istituirono una Commissione tecnica di opposizione al Tap), dalla Regione e da alcuni gruppi politici contrari all’opera.

L’avvio dei lavori e le reazioni del Movimento

I primi sentori che “qualcosa stesse iniziando a muoversi” ci furono nel novembre 2016, quando iniziarono ad arrivare le prime barriere jersey nel territorio melendugnese. Inoltre, analizzando il referendum del 4 dicembre 2016, ci si rese conto dell’intenzione da parte del Governo di abrogare il Titolo V della Costituzione in merito ai rapporti decisionali tra Stato e Regioni (già precedentemente trattato nel secondo focus). Un fatto che, collegato all’arrivo delle barriere, insospettì Comune e Comitato.

In seguito a questa forte accelerata nel marzo 2017 partirono i lavori prontamente “monitorati” e “affrontati” dall’opposizione ormai fortemente partecipata. Venne infatti realizzato con molta dedizione e determinazione un vero e proprio “Presidio No Tap”, grazie alla gentile concessione di un fondo privato da parte di un cittadino, divenuto ormai simbolo di fondamentale importanza per la lotta al gasdotto. Qui nuclei di cittadini uniti da un senso comune di lotta e amore per il territorio si riuniscono per dare ogni contributo possibile al fine di contrastare pacificamente l’opera. In questi mesi di opposizione infatti, oltre a cercare di rallentare gli illeciti lavori nell’atto pratico, il Presidio è stato ed è un luogo di incontro e confronto dove si sono tenute (e si tengono) assemblee ed eventi pubblici con il tema “No Tap” sempre all’ordine del giorno in un clima di democrazia e rispetto, in netta opposizione con i metodi e la politica di Tap e del Governo.

Quest’ultimo in particolare ha fin da subito agevolato con molta indulgenza gli interessi di questa società privata sia sul piano amministrativo (con autorizzazioni discutibili, vedi il nostro secondo articolo) sia su quello informativo (dichiarando assertivamente “è solo un piccolo tubo”), concentrandosi unicamente sulle dimensioni e tralasciando gli aspetti più considerevoli. Infine su quello sociale. La cittadinanza ha purtroppo assistito ad una totale repressione del dissenso attraverso un ampio dispiegamento di forze dell’ordine, che, oltre ad aver creato un inutile clima di tensione, hanno assicurato il “regolare” procedere dei lavori.

Fonte: Corriere della Sera

In diverse occasioni la protesta pacifica è stata soffocata dal loro intervento, come nell’occasione in cui i manifestanti, comprensivi di famiglie con bambini, sono stati forzatamente allontanati dalla zona dei lavori mentre si opponevano all’espianto e al trasporto degli ulivi al di fuori dell’area di cantiere. Non solo, ma dal 13 novembre per 30 giorni è stata istituita dal Prefetto di Lecce la cosiddetta “Zona Rossa”, fortunatamente ormai decaduta, che negava a chiunque non avesse una specifica autorizzazione di entrare nella suddetta, che si estendeva per un’ampia area attorno al cantiere. La Zona Rossa ha creato numerosi problemi ai proprietari terrieri del luogo e a chiunque volesse entrare a San Foca, poiché costretti ad esibire di volta in volta i documenti d’identità e ad entrare non più di un residente alla volta. Nonostante tutto, la partecipazione popolare è sempre grande e appassionata e la cittadinanza non si è mai persa d’animo nel dimostrare la sua contrarietà: è il caso della protesta dei commercianti di Melendugno e dei comuni limitrofi, che hanno chiuso i battenti nella giornata del 6 dicembre 2017 e hanno organizzato una grande e partecipata marcia in segno di forte dissenso.

Un fallimentare tentativo del Governo di sbarrare la strada all’opposizione è stato quello di presentare un emendamento alla legge di Bilancio con lo scopo di equiparare il Tap al tratto Tav tra Torino e Lione e cercare di mascherare il primo come opera di interesse strategico. Perciò chiunque avesse protestato nella zona del cantiere, “intralciando i lavori e valicando i confini senza autorizzazione” sarebbe stato sottoposto ad arresto immediato con pena detentiva da 3 mesi a un anno. Fortunatamente l’emendamento è stato dichiarato inammissibile dal presidente della commissione Bilancio, trovandolo “una forzatura delle regole poiché inappropriato per una legge di Bilancio”.

Il Movimento No Tap dunque non demorde, perché la questione tocca la sensibilità di tutta la comunità e rimane all’ordine del giorno. Le pagine social di Movimento e Comitato tengono costantemente aggiornati i cittadini, dando la possibilità a tutti di conoscere quello che avviene sul campo e sensibilizzando ulteriormente la questione. E nonostante i numerosi ostacoli che si sono avvicendati (e continueranno a farlo) sul cammino della protesta, siamo certi che questa non smetterà mai di far sentire la propria voce. Il nostro intento è stato quello di diffondere e dare un nuovo volto ad un avvenimento troppo manipolato, strumentalizzato e poco approfondito dalla maggioranza dei media nazionali e non. E come afferma Marco, esponente del Movimento No Tap: “Il problema non risiede nel gasdotto in sé, ma nel sistema che è alla base di tutte le grandi opere e delle multinazionali che le gestiscono”, dove regnano indiscussi denaro e malaffare.

Francesco Longo, Luca Abatianni e Daniele Candido per Policlic.it

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